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Buon compleanno Giorgio Braglia: «Tornerò a Napoli per rivedere Clerici, ma c’è ancora il Sarago? Sono sempre capellone. Oggi i calciatori sono protetti, noi no»

Buon compleanno Giorgio Braglia: «Tornerò a Napoli per rivedere Clerici, ma c’è ancora il Sarago? Sono sempre capellone. Oggi i calciatori sono protetti, noi no»

Nasce il 19 febbraio del 1947 (a Bomporto, provincia di Modena, Giorgio Braglia, indimenticabile attaccante del Napoli, croce e delizia dei tifosi, hippie del pallone col suo capello al vento stile Beatles e il baffetto. Erano gli anni Settanta, del resto. Dal ’73 al ’76, per la precisione, “Braglia Braglia Braglia, Napoli a mitraglia” era il grido dei tifosi. Mitiche le sue cavalcate che però non sempre andavano a buon fine, sgroppate che gli valsero il soprannome di “cavallo pazzo” proprio perché era in grado di scartare tutta la squadra avversaria per poi sbagliare da solo davanti al portiere. Un Lavezzi ante litteram lo ha successivamente definito qualcuno.

Trascinava letteralmente il pubblico e la squadra, era un piacere per il cuore oltre che per gli occhi vederlo giocare. E i tifosi, nonostante tutto, gli volevano bene.

In tre stagioni con la maglia azzurra ha segnato 24 reti, contribuito al secondo posto della stagione 1974-75 (arrivando sesto nella classifica marcatori) e alla vittoria della Coppa Italia nel 1976 (suo uno dei quattro goal che il Napoli segnò al Verona nella finale dell’Olimpico). Ecco quello in Coppa Uefa 1974-75 in Videoton-Napoli.

Si è ritirato presto ed è tornato nella sua Modena. Oggi compie 68 anni.

Buon compleanno signor Braglia.
Grazie, mi meraviglia che se ne ricordi.

Vuole scherzare? Il suo ricordo a Napoli è ancora vivo, non c’è tifoso che non si ricordi di Giorgio Braglia.
E’ sorprendente e ovviamente fa piacere. Sa che credo che mi riconoscerebbero ancora tutti, non sono cambiato, fisicamente intendo. Ho ancora i capelli lunghi e i baffi.  

La riconoscerebbero se venisse a Napoli, ma lei non viene a Napoli da molto. 
Più di 30 anni. L’ultima volta sono venuto a vedere un Napoli – Juventus, era il campionato 82/83. Mi hanno chiamato spesso invitandomi ad alcune trasmissioni televisive, anche Luis Vinicio mi chiamò per dirmi di andarlo a trovare ma io non amo viaggiare, spostarmi. Poi arrivare fin lì in auto non è cosa semplice. Lo so che potrei venire in treno o in aereo, ma diventerebbe difficile girare la città e invece vorrei fare un giro per la Riviera di Chiaia, tornare a via Mezzocannone dove andavo sempre a prendere la mia fidanzata che era di Foggia ma studiava lì. E poi mi piacerebbe rivedere l’Hotel Majestic, casa mia prima che mi trasferissi a via Ortensio. 

Trent’anni sono tanti. Non ha mai pensato di fare un’eccezione?
Sì, credo che sia arrivato il momento. Nei prossimi mesi verrò sicuramente, mi ha chiamato Sergio Clerici che mi ha detto: «Vengo dal Brasile proprio per rivedere te», mi ha intimato che se non trovo il tempo per raggiungerlo a Napoli, viene a scovarmi fino a Modena. 

Farà felice tanti tifosi che si ricordano di lei e delle sue galoppate alla Varenne per il campo. Se lo ricorda il coro che le dedicavano “Braglia, Braglia, Napoli a mitraglia”?
Napoli è una città a parte, proprio il regno di Napoli, uno che viene non può dimenticare la città e anche i napoletani che sono eccezionali e ti fanno sentire il calore e l’affetto come nessun altro. Certo dopo di me ne sono passati di campioni con la maglia azzurra, ma una volta il calcio era molto diverso, allora ci si doveva guadagnare la pagnotta anno per anno. C’era molto più stress e ricambio nelle squadre perché i contratti erano annuali e se sbagliavi un po’ di partite ti vendevano, non come oggi che i calciatori hanno contratti di 4/5 anni e sanno che se anche subiscono un infortunio o mesi di calo nessuno li tocca. Balotelli ad esempio a Liverpool ha segnato un solo gol, ma con il contratto che ha è sereno. Non sono stato felice di andare via dal Napoli, tutti pensavano che per me potesse essere un miglioramento andare a Milano e invece ci ho rimesso in salute e gioco, ma allora c’era Ferlaino a cui piacevano le novità e che doveva sempre cambiare. Comunque il calcio è cambiato tanto, troppo in questi anni. Molti giocatori e allenatori si lamentano perché giocano tre partite la settimana ma il pallone di oggi non quello dei miei tempi. Con questo pallone puoi fare gol da 40 metri se colpisci bene, il nostro era molto più pesante. E poi possono contare su un’assistenza e uno staff medico che all’epoca non esisteva, noi facevamo delle punture che pensavamo ci facessero bene e poi magari non era così. Ora gliela faccio io una domanda: c’è ancora il ristorante il Sarago, proprio all’uscita della grotta?

Purtroppo no.
Questo potrebbe farmi rivedere la mia decisione. Scherzo, mi dispiace molto perché il Sarago era casa mia, ero come un figlio per Nando e per tutti gli anni che sono stato a Napoli ho sempre mangiato lì. E ci rimasi molto male quando alcuni giornali scrissero che era lì che avevo preso l’epatite all’epoca del Milan. In realtà venni a Napoli per vedere la fidanzata dopo una partita a Roma, arrivai tardissimo e affamato e andai a mangiare da Giuseppone a mare ma non sapevo che mangiando cozze crude avrei potuto prendere l’epatite. È stata una rovina per me, sono rimasto fermo tre mesi e così la stagione è stata negativa.

Un’ultima curiosità e la lascio ai suoi festeggiamenti. Per chi tifa Giorgio Braglia?
Intende per che squadra? In Italia nessuna in particolare. In Europa per il Manchester United perché ci giocava il mio idolo di sempre, George Best, era capellone come me, sa era il ’68, periodo dei Beatles.
Francesca Leva

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