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Altro che Milano da bere, è una Milano ancora da digerire

Altro che Milano da bere, è una Milano ancora da digerire

Il mio Milan – Napoli

– Una Milano da bere. Ecco, trovatemi un bicchiere che devo dimenticare.

– San Siro poteva essere l’occasione giusta per ripartire, ritrovando fiducia e coraggio smarriti, e dimenticare le ultime uscite infelici. Poteva.

– Invece San Siro si è riproposto come un vecchio amaro di cui non ne sentivamo la mancanza. Si è riproposto come accadeva qualche tempo fa. 

– Si è scesi in campo con quell’antico timore reverenziale che mai mi sarei aspettato. Seppur l’attuale Milan faccia paura quanto un film con Franco e Ciccio.

– Il primo tempo si è giocato solo di rimessa. E quando pensavamo che nella ripresa ormai i tatticismi non servissero più, agognando una reazione, la squadra invece si è completamente sfaldata. 

– Ho rivissuto la Bergamo della scorsa stagione. Pari pari.

– E prendere lezioni da Inzaghi è avvilente. Come se io spiegassi a Carratelli come si scrive un articolo.

– Dopo queste partite poi ci sentiamo tutti un po’ dottori. Ognuno fa la propria diagnosi, individua il problema, scrive ricette e vorrebbe propinare la sua medicina. 

– Io penso invece che in questi casi le individualità non abbiano senso. E che i particolari, i dettagli, i singoli errori non siano determinanti. 

– Puoi cambiare le gomme e il colore, rifare il telaio, sostituire la frizione, i tergicristalli e togliere l’autoradio. La macchina continuerà a non partire se è priva di benzina.

– Seppur persa, giocata male o farcita di errori, in ogni gara si riesce sempre a trovare qualche goccia nel bicchiere dalla quale ripartire. Non in queste partite. La goccia diventa uno stillicidio e del bicchiere nemmeno l’ombra.

– Gli errori di Albiol, le uscite sbagliate di Rafael, la giornata storta di Jorginho, i cross di Maggio, le sostituzioni di Benitez, l’ernia di Inler, il tiro a giro di Insigne, il nervosismo di Higuain, l’indolenza di Calle, l’inesperienza di Kulì, l’abulia di Hamsik, il colpo di mercato mancato, la vendita di Fernandez, il non tiro di Michu, non rappresentano il problema di giornata.

–  Ieri avremmo perso contro chiunque. Se cammini, perdi contro chiunque.

– Non si è persa una partita, ma l’idea. 

– A questo mediocre Milan è bastato scendere in campo per vincere. Le due azioni che hanno portato ai gol sono istantanee perfette per spiegare cosa sia stato il Napoli ieri. Niente.

– Qualsiasi cosa avessero fatto, sarebbe stata sbagliata. Hanno atteso, e si è beccato un gol a difesa schierata di una facilità disarmante. Hanno fatto pressing (camminando) e la squadra ha perso completamente le misure, subendo una rete che si vede solo in allenamento quando si provano i cross. 

– Io le chiamo partite “Babele”. Perché non si capisce niente. Se il mio compagno più vicino non mi aiuta, posso sbattermi quanto voglio. E così accade al mio compagno se io scappo quando lui è in difficoltà. Ognuno ha giocato per conto proprio, parlando solo la propria lingua, come se in campo si fossero trovati per la prima volta. Ed è indicativo il fatto che abbiano parlato tanto, che si siano sbracciati come vigili urbani ed abbiano sbraitato come 11 Nedved in cravatta contro l’arbitro per tutta la partita. Se sai ciò che devi fare, non c’è bisogno di parlare, sbracciare, sbraitare. Semplicemente, fai.

– La drammaticità del momento mi è stata poi chiarita proprio da Caressa. Mai avrei pensato che dicesse: Beppe, in questi ultimi minuti il Napoli si è trasformato. È un’altra squadra! 

Ha usato la stessa enfasi che adopera quando la Juve o la nazionale gioca male per indorare la pillola. No, grazie. La sua pietà no. No, grazie, siamo stati inguardabili dal primo all’ultimo minuto.

– Cosa stia accadendo non lo so. Qualcuno ha ipotizzato che la squadra si sia resa conto di non poter lottare per i vertici ed abbia tirato i remi in barca in vista della Supercoppa. Non lo so. E non mi avventuro in spiegazioni tattiche o analisi di gioco. Perché prima dovremmo trovare la scatola col gioco. Poi ci dedicheremo alle istruzioni.

– E nemmeno mi avventurerei nel dare sentenze definitive. Lo scorso anno vivemmo una situazione analoga: pareggi assurdi con Bologna e Chievo e mazzata mortifera a Bergamo in cui tutto sembrava da buttare. Per poi riprenderci e condurre un campionato che male non è stato.

– Siamo lontani dalle big, ma non posso nemmeno pensare che siamo la tabula rasa di ieri.

– Eppure, dopo le convincenti vittorie su Roma e Fiorentina, mi ero esaltato. Pensavo che finalmente ci fossimo scrollati dalla testa le scorie di Bilbao e del mondiale e che non avremmo più rivisto prestazioni tipo quella col Palermo. Per questo oggi sono più deluso che arrabbiato.

– E non penso di essere l’unico a vivere questo stato d’animo. Stamattina, al solito iter del lunedì, gli amici che generalmente scaricano barili di bile facevano finta di pensare ad altro. Nessuno che mi abbia chiesto o abbia avuto voglia di parlare della partita. Gli argomenti più gettonati sono stati: le bottiglie di Renzi regalate al Papa astemio, Imu e Tasi e gli orologi da 8200 euro donati da Ronaldo ai suoi compagni di squadra. Del Napoli? Niente. Niente come quello visto ieri sera.

– Però, a proposito di bottiglie, ora portatemi un bicchiere da riempire. Pure a metà. Pure un quarto. Basta pure un Cynar o un Rabarbaro Zucca. Basta che ci sia un bicchiere e mi facciate bere.

Devo dimenticare. Questa Milano da digerire. 

Forza Napoli Sempre

La 10 non si tocca.
Gianluigi Trapani

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