L’altra volta ho cominciato l’articolo con due tweet. Stavolta lo farò con due commenti. Uno sul Napolista, l’altro su facebook.
Ecco il primo. Maurizio Bruni sul Napolista: “Mah… Caro Massimiliano, mi duole farle notare che da un po’ lei si arrampica disperatamente sugli specchi. Finché ho potuto l’ho seguita nei suoi ragionamenti, che in linea di massima sottoscrivevo. Ora non ce la faccio più.
Il Toro meritava la vittoria e ha giocato come doveva giocare.
Noi no.
Noi siamo stati patetici. Che è successo allo splendido Napoli di inizio stagione? E soprattutto: che succede a lei?
All’inizio esaltava il gioco arrembante imposto da Benitez: il giro palla, il pressing, l’autorità che la squadra mostrava ovunque giocasse. Poi il pressing è sparito. E’ sparito anche il giro palla. E allora si è limitato ad esaltare – giustamente – il nostro attacco, che spesso ha colmato le nostre lacune in fase difensiva e sulle fasce segnando sempre un gol in più degli altri. Adesso è scomparso anche il gioco dell’attacco e lei ora esalta il cinismo da grande squadra.
Che succede? “estamos ancora “al 75 por ciento?”. Benitez è un signor allenatore, e ha i suoi sacrosanti alibi: è la sua prima stagione e la rosa non è adeguata a lottare su tre fronti. Ma la squadra è nel caos più totale, il gioco è completamente sparito. L’unico che è cresciuto in queste settimane è Fernandez. Tutti gli altri sono in preoccupante involuzione, a cominciare da Callejon e Albiol.
Secondo me c’è solo da preoccuparsi, altro che gioire.”
Ed ecco il secondo, a firma Rosario Tarallo. “io molto sommessamente mi definisco un rafaelita pentito, nel senso che mi ero entusiasmato moltissimo alle “premesse” rafaelite, e cioè: pressing, possesso palla, gioco votato all’attacco, 11 giocatori che sanno giocare al calcio etc…il problema è che queste sono rimaste appunto delle premesse, degli sprazzi. da gennaio in poi il napoli gioca un calcio orribile, ma proprio brutto…giocatori fermi in campo, possesso palla lentissimo, fase difensiva perennemente in tilt, zero varianti tattiche e partite da una noia e di una monotonia mortali. Tutto questo non è solo un problema di stile; tutto ciò ha influito nettamente anche sui risultati. da gennaio in poi il napoli ha una media punti molto inferiore a quella dell’andata e viaggia attorno al settimo posto in classifica, o poco più. In sostanza, io sono tifosissimo, quando si vince sono contentissimo, e nemmeno a me importa un fico secco se il gol è regolare o meno…..però, se devo ragionare in prospettiva, per il bene del napoli, vorrei una squadra che giocasse a calcio e, da questo punto di vista, constato che il napoli di mazzarri mi dava l’idea di essere maggiormente attrezzato. Certo, bisogna ammettere che i risultati di benitez non possono essere certamente definiti deludenti, magari non sono proprio entusiasmanti, ma col terzo posto finale e una coppa in bacheca si potrà mettere il segno + alla stagione…RICONOSCIUTO QUESTO a mio avviso, da tifoso costruttivo che vuole il bene del napoli, ritengo che vada affrontata una questione: valutati i pro e i contro ce la sentiamo di affidare a benitez il napoli per i prossimi 3 anni o – come sto iniziando a pensare – non è forse il caso di puntare su un altro allenatore più adatto al calcio che si gioca da noi? tutto qui, senza polemiche e senza denigrare benitez che è un ottimo allenatore e una persona perbene.”
Maurizio Bruni muove un’accusa anche al Napolista – principalmente al sottoscritto -, Rosario Tarallo parla esclusivamente di Benitez e del suo Napoli. In un contesto di moderato pessimismo – mitigato esclusivamente dai risultati – mi sembrano i due commenti che più efficacemente degli altri sintetizzano il malessere di alcuni tifosi. Questo Napoli non piace. Di più, preoccupa. Bruni arriva a scrivere che la squadra è allo sbando. È superfluo ricordare che in altri anni avremmo messo la firma a inizio stagione per avere una squadra allo sbando messa così: ancora in lizza su tre fronti; terza in classifica in campionato, ci perdoneranno i giornalisti di Sky, con dieci punti sulla quarta, e già in in finale di Coppa Italia.
Il punto pare essere il gioco. Già all’indomani della partita di campionato contro la Roma, qui sul Napolista ci fu una simpatica discussione con Mimmo Carratelli a proposito della prestazione contro i giallorossi. Partita che vincemmo per uno a zero dopo aver subito per larghi tratti del match. Ieri sera abbiamo sconfitto il Torino – ancora una volta per 1-0 (la più bella delle vittorie) – dopo che i granata hanno colpito due legni (uno da 28 metri, l’altro esterno) ed essersi divorati un gol con Immobile. Ma abbiamo vinto noi. Dov’è finito il gioco, questa è la domanda. Non lo so, è la mia risposta. Non so nemmeno dove fosse prima, a dire il vero. Il rumore di fondo delle critiche a questo Napoli io l’ho sempre ascoltato in questa stagione. Sin dal nostro successo a Milano per 2-1. Credo che mai, prima d’ora, un successo a San Siro fosse stato oggetto di critiche. Ricordo che all’indomani di Napoli-Arsenal non furono pochi coloro i quali dichiararono che in fondo si trattò di una partita non vera, con gli inglesi interessati solo a limitare i danni. Quindi, volendo ridurre all’osso, quali sono state le magnifiche prestazioni del Napoli di Benitez? Contro il Dortmund? Ma eravamo un uomo in più. Forse contro la Roma in Coppa Italia? Ma c’era l’effetto Maradona.
Mi fermo, ovviamente. E cerco di non essere polemico. Ieri sera – l’ho scritto – ho rivisto il secondo tempo di Torino-Napoli e ho notato un’altra partita. Al termine dei primi 45 minuti mi ero depresso. Ho rivisto la ripresa (senza il commento Sky, ho abbassato il volume) e ho constatato che il Napoli ha fatto la partita. Certo, non è stata un’azione tambureggiante. Ma stavamo sempre nella loro metà campo. Che cosa ci è successo? È successo, secondo me, che questa squadra comincia sempre di più – come scrissi dopo l’1-0 alla Roma- ad assomigliare all’idea di calcio del suo allenatore. Un allenatore che solo a Napoli abbiamo scambiato per un fautore del calcio champagne. Ho già scritto che la summa del calcio di Rafa è tutta nel ritorno dei quarti di finale tra Juventus e Liverpool del 2005: una partita difensiva praticamente perfetta. Finì zero a zero.
È successo che il Napoli è molto più attento alla fase difensiva. È successo che il Napoli non è più slabbrato. Non commette più errori imperdonabili (prima di quello di ieri sera di Behrami, dobbiamo tornare a Bergamo). Pensa tanto a contenere. Non consente più a un calciatore di percorrere cinquanta metri palla al piede e segnare, come fece con Cassano in Parma-Napoli. E potrei continuare.
Preferivamo quel Napoli? Non mi pare. Non credo proprio. I processi di crescita sono strani. Lo sappiamo tutti. Chi ha praticato sport sa bene come ci si possa allenare per mesi e non migliorare e poi, d’improvviso, ritrovarsi a memoria in alcuni gesti che fin lì avevamo inutilmente provato a riproporre.
Quanto ha giocato il Napoli negli ultimi due mesi? Tanto, tantissimo. Solo negli ultimi 25 giorni, il Napoli ha disputato sei partite. Ha battuto Swansea, Roma e Torino, ha pareggiato con Genoa e Livorno e ha perso col Porto. Ha subito quattro gol e ne ha segnati sette. Se analizziamo gli ultimi due mesi, dobbiamo tornare ai quarti finale di Coppa Italia. Una vita fa. Prima di eliminare la Roma (che fin qui ha perso tre volte, due contro di noi e una contro la Juve). Una bel risultato per una squadra allo sbando. Il tifoso giustamente dimentica. Le gambe dei calciatori no.
Ma, soprattutto, sembra essere cambiato un aspetto fondamentale: la testa. Il Napoli vince. Va in campo e vince. Non becca più tre gol dall’Udinese. Non ne prende più tre dall’Atalanta. E ha imparato a soffrire. Caratteristica fondamentale di ogni grande squadra.
Maurizio Bruni scrive che solo Fernandez è migliorato. Sembra poco. Un centrale che fino a tre mesi fa veniva da tutti deriso. Oggi gioca in sicurezza. Dietro una frase di quattro parole ci sono mesi di lavoro. Mi permetto di dissentire su Callejon. È stanco, certo. Ma alla Roma ha segnato lui. Ha realizzato quindici gol in stagione. Quando Rafa disse a luglio che da Callejon si sarebbe aspettato tra i 10 e i 20 gol ci mettemmo tutti a ridere.
Lei, Maurizio Bruni, chiede che cosa mi sia successo. Ecco, io le rigiro la domanda: ma che cosa è successo ai tifosi del Napoli? Che cosa pretendiamo? Sembriamo tutti tifosi del Real. Con la puzza sotto al naso. Convinti di dover dominare ovunque. Abbiamo scambiato l’agonismo con la Playstation. Lo sport è diverso. Vincere comporta fatica. Crescere vuol dire riuscire a vincere anche quando non si è al massimo della forma.
Potrei ora difendere la scelta di Rafa per la lista Uefa, visto l’infortunio a Maggio. Stiamo giocando senza i primi tre laterali. Zuniga, Maggio e Mesto. Benitez non ha mai detto A. Ha incassato e incassa tutte le critiche e si ripresenta in conferenza stampa e davanti alle telecamere come se non fosse successo nulla. Forse, caro Bruni, le sembreremo devoti a Benitez. Per noi è solo un alieno a Napoli. Una persona che non si abbatte alla minima contrarietà e che crede nel suo lavoro. Il resto è dialettica.
Anche a me non è piaciuto il Napoli a Livorno, così come quello del primo tempo di ieri sera. Così come ero angosciato contro lo Swansea (altra partita che abbiamo risolto nel finale, e sono tre su sei). So che nello sport succede. Ma riesco a vedere, cogliere, tanti miglioramenti. Così come colgo la stanchezza della squadra, ci mancherebbe. Una stanchezza che è soprattutto mentale, visto che in campionato abbiamo vinto le ultime due partite uno a zero segnando nel finale. Costruire è complesso. Molto. Richiede pazienza e tenacia. Sudore e sangue. E lacrime. Lamentarsi è molto semplice.
Tra le tante frasi dette ultimamente da Benitez, ce n’è una che ha colpito Vittorio Zambardino. Ha ricordato, Rafa, che nella famosa finale, sul 3-0 per il Milan, i tifosi del Liverpool cantavano ancora. Chissà perché l’ha detto.
Massimiliano Gallo