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Michele Serra a proposito del caso Delio Rossi

È difficile pensarlo, figuriamoci scriverlo: ma io sto con Delio Rossi. Non perché sia innocente: è colpevole, il suo gesto è stato grave, la punizione anche troppo blanda. Ma a volte, per provare a capire la vita e capire gli uomini, tocca stare con i colpevoli. Sto con Delio Rossi perché sto dalla parte della sua sconfitta. Della sua impotenza di educatore. Del suo crollo improvviso di fronte a un ragazzo di vent’anni che lo insulta perché non sopporta ordine, non sopporta regole, non sopporta prove, soprattutto non sopporta giudizio. Non sopporta, cioè, tutto quello che un allenatore incarna, un maestro incarna, un padre incarna.
L’esercizio dell’autorità, meglio ancora quello dell’autorevolezza, non è mai stato facile. Lo è ancora meno in tempi di confusione etica e di crisi di ogni gerarchia: non è solo la politica, è proprio ogni forma di ordinamento collettivo delle cose a scricchiolare sotto l’attacco concentrico delle smanie individuali: “io” rischia di essere la sola parola che amministra le persone e a vent’anni la tentazione è ancora più forte. Credo che Delio Rossi, tutte queste cose, le abbia sentite gravare su di sé. Non si è sentito all’altezza delle sue responsabilità. E ha perduto la testa, come se avesse ancora vent’anni.
Michele Serra
(tratto, anzi dattiloscritto, dalla rubrica “L’amaca” su Repubblica)

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