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Io, arbitro internazionale, difendo Buffon

Pierre de Frédy, barone di Coubertin, probabilmente, in vita sua non ha mai vinto nemmeno una partita a tressette. La filosofia del “l’importante è partecipare” altro non è se non un palliativo della sconfitta. L’importante è vincere. E’ ciò per cui lo sport si pratica. E’ ciò per cui il San Paolo si riempie. E’ ciò per cui Sky paga fior fiori di quattrini. Ed è ciò per cui milioni di euro di scommesse si muovono, di settimana in settimana, intorno al mondo del calcio e, più in generale, dello sport.

Pretendere che Buffon rincorresse l’arbitro per dirgli che la palla era entrata di un metro è pura utopia. E’ inesigibile!
Ed allo stesso modo le critiche mosse al portierone, il quale a freddo ha dichiarato: ” ad esplicita richiesta, non avrei aiutato l’arbitro”, provengo certamente da decoubertiniani.
La differenza che passa tra un praticante ed un campione, molto spesso, risiede esclusivamente nella voglia di vincere. A parità di talento e di doti fisiche, la differenza la fa esclusivamente la voglia di vincere. Anzi molto spesso la voglia di vincere sopperisce alle deficienze delle altre due.
La voglia di vincere e la trans agonistica, nella maggior parte dei casi, rappresentano ciò che spinge ad andare oltre, a battere il proprio record, a vincere col Chelsea 3-1, nonostante si sia partiti 1-0 sotto. E la stessa voglia di vincere è il motivo per il quale è inimmaginabile pretendere che Buffon si dovesse autodenunciare, a caldo o a freddo.
Non è una questione di moralità/immoralità. Non significa creare una zona franca, nel calcio e nello sport, in cui si renda lecita l’immoralità.
Non ammettere che la palla fosse entrata rappresenta una sfaccettatura dello stesso uomo, che nel 2006, nella finale dei mondiali, parò un colpo di testa di Zidane che andava a 100/kmh, da tre metri dalla porta a dieci minuti dalla fine della partita.
D’altro canto, guardando in casa nostra, sono convinto che se Alemao avesse veramente voluto continuare a giocare quella partita (Atalanta-Napoli 0-3 a tavolino, per lancio di monetina allo stadio Atleti Azzurri d’Italia di Bergamo), lo avrebbe potuto fare tranquillamente.
Ed allora, vedendo le cose nel loro complesso, delle due l’una: o sono figli di zoccola sia Alemao che Buffon (e forse, magari, proprio per questo sono così forti), oppure sono immorali tutti e due!
La verità è che entrambi avevano una irrefrenabile voglia di vincere!
La scherma, del cui mondo io mi onoro di far parte, passa per uno sport elegante. Lo si deve principalmente all’usanza di accusarsi le stoccate. “Touché” dice l’atleta toccato all’arbitro per accusare la stoccata.
Questo però accade sino al 10 pari.
In trent’anni non ho mai visto uno schermidore accusarsi la stoccata decisiva per un Campionato Mondiale o per un’Olimpiade. E vi assicuro che errori arbitrali ce ne sono stati anche in quelle occasioni.
Gaspare Lo Schiavo
(napoletano, tifoso napolista e unico arbitro italiano di scherma che sarà presente alle Olimpiadi di Londra 2012)
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