Tanto per non farmi mancare nulla alla vigilia del mio compleanno, ieri pomeriggio alle 18 ho assistito anche alla presentazione del volume “Napoli, passione azzurra”, edito da Franco Di Mauro, dedicato agli 85 anni della storia del Napoli e non a caso stampato in 1926 copie soltanto. Lo scenario è stato quello del Teatro di Corte di Palazzo Reale, alla presenza, tra gli altri, dell’editore, di Morgan De Sanctis e di Paolo Cannavaro e, soprattutto, di due dei tre napolisti che hanno partecipato alla stesura dell’opera, Maurizio de Giovanni e Mimmo Liguoro (assente, purtroppo, il nostro Fabrizio d’Esposito). Una presentazione lievissima, in un’atmosfera quasi familiare, nonostante i diversi personaggi illustri seduti in platea (accanto al grande Luigi Necco, svetta, su tutti, ‘o lione, Vinicio, che fa commuovere i presenti immersi nei ricordi di quel fantastico Napoli e che riempie con la sua straordinaria personalità tutto il teatro. No, dico.. Vinicio.. manco me lo fossi chiamato con il mio sogno dell’altro giorno, eh). Diversi i siparietti degni di nota, e sicuramente da elogiare il coordinamento delicatissimo e spontaneo di Mimmo Liguoro. De Giovanni inizia con una premessa che tutti facciamo nostra: “Il Napoli è una malattia, si viene contagiati sin da piccoli e non si può guarire”. Alzi la mano chi non ce l’ha. Cannavaro annuisce e De Sanctis conferma di esserne stato contagiato all’arrivo a Napoli. Quando tocca al portierone azzurro prendere la parola, rimango basita, a bocca aperta, proprio. Un letterato, altro che portiere! E infatti, Cannavaro, uno dei calciatori secondo me più educati del panorama calcistico italiano, chiede se la prossima volta sia possibile far parlare prima lui, di Morgan, per non sfigurare dopo un uso così disinvolto di simili pregiati vocaboli. De Sanctis parla del suo rapporto con il Napoli, con i tifosi azzurri, dell’unicità del rapporto tra la tifoseria e la squadra. Si sofferma sulla possibilità offerta ai giocatori di oggi di arricchire la nostra storia di una nuova ed importantissima pagina, quella dell’arrivo in Champions League. Chiedono tutti più volte, e ad entrambi, se ‘sto punticino restante lo faremo. Loro Paolo dicono di sì, annuiscono, confermano, garantiscono e, sotto il tavolo, fanno strani gesti e scongiuri. A noi tutti basta il sì, non vogliamo sapere del “sotto al tavolo”. Il portierone – che Mimmo Liguoro definisce “la saracinesca della squadra” – invita i tifosi ad applaudire l’Inter, domenica, in modo da alleggerire un po’ la loro carica agonistica. Insomma, una presentazione breve, leggera, simpatica, fatta di risate e ricordi. L’unica nota stonata e però comprensibile dato il valore dell’opera, è il prezzo, poco al di sotto del duemila euro. Saggi così, secondo me, varrebbe la pena diffonderli nelle scuole (confesso di essere oltremodo incuriosita da quello di Oscar Nicolaus sull’antropologia del tifoso napoletano, dev’essere fantastico), insegnarli come fosse una religione. Il calcio ci appartiene, ce l’abbiamo dentro, tutti, perché siamo nati in quest’assurda e favolosa città. Siamo tutti bambini, in questo. E, come diceva una grande sociologa citata ieri e di cui non ricordo più il nome, per insegnare la felicità ad un bambino basta dargli un pallone per farlo giocare.
di Ilaria Puglia
Napoli passione azzurra, un libro la nostra malattia
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