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Sandro Ruotolo: «C’è pigrizia nel racconto di Napoli, non solo della stampa del Nord»

Lo storico inviato televisivo «Si legge di più al Nord e la Gazzetta cura i propri lettori. La borghesia imprenditoriale napoletana vive di prebende, De Laurentiis lo sa. Ma la città ha reagito alla crisi economica, purtroppo è mal raccontata».

Sandro Ruotolo: «C’è pigrizia nel racconto di Napoli, non solo della stampa del Nord»
Sandro Ruotolo

Napoli è la città del fai date, più che dei selfie

«Il discorso è complesso, ci sono tanti temi. L’editoria è business, sono conti economici, questo De Laurentiis lo sa bene, e un giornale deve tener conto dei propri lettori. Così come è evidente che la classe imprenditoriale napoletana non si mette in gioco e quindi non abbiamo editori dalla parte di Napoli o del Sud. Però il Napolista mi consenta una risposta a Velardi: Napoli non è la città dei selfie, è la città del fai da te, che ha riscoperto nuovo entusiasmo e una nuova laboriosità perché il resto dell’Italia, la politica, si è dimenticata di lei”.

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A parlare è Sandro Ruotolo, da sempre volto del giornalismo televisivo d’inchiesta, inviato di punta delle trasmissioni di Michele Santoro che per trent’anni hanno raccontato l’Italia e il Sud come nessun altro faceva. Grande tifoso del Napoli, promotore del comitato per la legalità da poco nato nell’amministrazione de Magistris.

I giornali vanno dove ci sono i lettori, De Laurentiis lo sa bene

La discussione nasce dalle dichiarazioni di De Laurentiis, dall’informazione del Nord che odierebbe il Sud. «Parto da un dato di fatto. Con l’Auditel da tempo è possibile misurare non solo gli ascolti ma anche la loro localizzazione. Ebbene, quando facevamo le nostre puntate, emergeva sempre che il pubblico del Sud – fatta eccezione per Palermo – guardava di più Mediaset. Il nostro pubblico era prevalentemente al Nord. Nella vecchia Europa, gli italiani erano quelli che leggevano di meno. Se la Gazzetta dello Sport ha più lettori al Nord, è ovvio che parli di squadre del Nord. Sono attenti ad accontentare i loro lettori. È una ovvietà che conosce anche De Laurentiis».

L’autorevolezza della stampa è importante, lo è anche il web

Quindi la sua è stata un’uscita populistica, aggiungiamo. «Piano con i termini. Ragioniamo, è sempre la via più efficace. Non c’è populismo nel senso che non c’è un superamento delle istituzioni. E poi dimentichiamo che De Laurentiis ha un rapporto controverso con i tifosi: quando mise le curve a 40 euro, non era populista? Ci sono tanti elementi. De Laurentiis coglie il punto dell’autorevolezza di un giornale, e la Gazzetta è certamente un giornale autorevole. Così come, ovviamente, commette un clamoroso errore col giornalista della Gazzetta, non lo dico per corporativismo ma perché la libertà di stampa è sacra, additarlo come juventino è un grave errore.

De Laurentiis sottovaluta però un altro aspetto: che la formazione del tifoso ormai avviene sul web, sui social. Io non ho visto ieri la partita della Roma e alle sette di questa mattina ho guardato i gol su Facebook. Ovviamente, come detto, non contano solo le visualizzazioni. Conta l’autorevolezza. Che però andrebbe combattuta con altrettanta autorevolezza».

La borghesia imprenditoriale da sempre legata alle prebende

E qui arriviamo alla mancanza di una classe imprenditoriale all’altezza, in grado di rappresentare Napoli e il Sud. E che in città, invece, ha contribuito in maniera determinante ad affermare quello che potremmo definire il movimento filosofico del papponismo. «Eh un cavallo di battaglia del Napolista. Anche qui procediamo con calma. Non dobbiamo dimenticare che Roma, la politica, si sono dimenticati di Napoli e del Sud e che viviamo da dieci anni una crisi economica spaventosa. Diciamo dal fallimento di Lehmann Brothers. Ci torneremo.

De Laurentiis ha grandi meriti, è innegabile. A me non piacciono i suoi film però gli riconosco una capacità manageriale. Ovviamente non sempre sono d’accordo con lui, la dialettica è importante, molto importante, spesso ne sottovalutiamo il valore. Ma lo preferisco ai cinesi, agli sceicchi. A Napoli, come in Italia, la borghesia imprenditoriale ha sempre contato sulle prebende politiche, è sempre stata legata a doppio filo con la politica, la massoneria, i Rotary, il sistema di potere classico, non si ette mai in gioco. De Laurentiis fa l’imprenditore e basta, e quindi è invidiato. Da qui nasce il papponismo, su questo sono d’accordo con Velardi».

Paranze e camorra, giusto, ma l’amoralità del ceto medio del Loreto Mare e del Pascale?

Ruotolo non è tenero con il mondo delle professioni napoletano: «Dirò di più. È spesso sbagliato il focus su Napoli. C’è pigrizia nel racconto di Napoli, non solo per chi viene da fuori, dal Nord. E mi riferisco anche a Saviano che offre una visione immobile della città. Ma vado oltre. Parliamo giustamente di paranze, di camorristi e poi quasi ci lasciamo scivolare addosso quel che è successo al Loreto Mare, al Pascale, dove invece emerge in maniera inequivocabile l’amoralità del ceto medio napoletano, della piccola borghesia, che perpetra un furto ai danni della società napoletana. Spesso è anche lo stesso Sud che non è capace di raccontare il Sud, di coglierne le novità».

Napoli si è rimboccata le maniche

E qui Ruotolo torna a Napoli, fa riferimento esplicito all’intervista di Claudio Velardi al Napolista: «Più che selfie, parlerei di Napoli fai da te, che si deve rimboccare le maniche perché, come detto, è stata dimenticata dalla politica romana. Viviamo una situazione economicamente catastrofica. Eppure Napoli si è riscoperta laboriosa e ha avuto una rinascita turistica, anche dal punto di vista delle strutture ricettive. È un fatto inequivocabile. Anche il discorso sulla efficiente comunicazione di Bassolino andrebbe ri-tarato. Bisogna contestualizzare gli eventi, non basta dire che il bassolinismo nel suo punto più alto guardava al mondo e ora Napoli è ripiegata su se stessa».

Bassolino fu abile e bravo, poi però pagò il fascino degli Agnelli con Impregilo

Innanzitutto, prosegue Ruotolo, «è cambiato il mondo, è come se parlassimo del Settecento. Poi non dobbiamo dimenticare che c’era stata Tangentopoli, Bassolino era l’uomo nuovo, uno degli uomini nuovi. Non a caso, sono quasi sempre i sindaci quelli che in Italia fanno carriera politica, penso a Renzi, a Emiliano. Perché hanno un rapporto con i cittadini. Non pè populismo questo?

La verità è che Bassolino fu bravo e abile politicamente. Era un quadro del Pci, sfruttò le sue relazioni con la politica e anche un particolare momento storico. E fu un bravissimo comunicatore, è innegabile. Anticipò Berlusconi, e poi non se ne fece schiacciare. Sono meriti che gli vanno riconosciuti, così come aver ridato a Napoli una grande effervescenza, anche intellettuale. Poi, però, questo fatemelo dire, pagò l’errore classico del Pci che si lasciò sedurre dal fascino degli Agnelli, del salotto buono, e imbarcò Impregilo in quella vicenda rifiuti che poi ha segnato la sua fine politica».

Oggi Napoli è più avanti rispetto ad allora

Senza dilungarsi ulteriormente, Ruotolo ci tiene però a precisare che «oggi Napoli è più avanti rispetto ad allora. Penso al Maggio dei monumenti che tanto clamore in positivo suscitò. Oggi sono disponibili molte più opere. Penso alla Cappella di Sansevero che all’epoca era praticamente sconosciuta, o al Museo di San Martino. Ricordo che accompagnavo sempre la famiglia gallese di mia moglie in questi luoghi che allora erano dimenticati dai riflettori. E che oggi invece sono punti di attrazione turistica.

È una forma di pigrizia parlare di Napoli arroccata

È sbagliato parlare di una Napoli arroccata, più che altro è una forma di pigrizia. Napoli è ripartita, è cresciuta, partendo dall’identità che non è affatto un valore negativo. Penso ad esempio all’iniziativa di tanti cantanti napoletani, chessò Grangnaniello, 99 Posse, Eugenio Bennato, che rispondono a Salvini col brano “Gente do Sud” dei Terroni uniti. Insomma, ripeto, credo che ci sia un pigrizia nel racconto di Napoli. Pigrizia che appartiene anche ai giornalisti e ai commentatori napoletani, non solo a quelli del Nord».

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