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Aldo Serena: «Il rigore sbagliato ai Mondiali ’90 mi ha creato tanti problemi personali, ho due giorni di buio»

A “La Stampa”: «Vicini mi spiegò di aver trovato tre soli rigoristi. Accettai di tirare, ma avevo le gambe dure come bastoni»

Aldo Serena: «Il rigore sbagliato ai Mondiali ’90 mi ha creato tanti problemi personali, ho due giorni di buio»

Lunga intervista di Aldo Serena a “La Stampa“. L’ex attaccante che ha vestito le maglie di Inter, Milan e Juventus ripercorre la sua carriera e racconta di quel rigore sbagliato al Mondiale del ’90.

Il primo gol non si scorda mai…
«È la prima immagine che ho, ma di reti ne avevo già segnate tante: a Mercato Vecchio, il mio paesello, le partite duravano pomeriggi. Alternavamo calcio, basket e pallavolo».

Attaccante nel dna…
«Fino a 17 anni centrocampista incursore: fu Gianni Rossi, tecnico “olandese”, precursore del pressing alto e delle posizioni scalate, a inventarmi centravanti in Serie D contro il Venezia:3-0, doppietta mia».

Aldo Serena: «Il pallone era una valvola di sfogo. Mi notò prima il Milan»

Il pallone era divertimento…
«E valvola di sfogo. Papà Dario aveva una fabbrichetta di scarponi da roccia con mio zio e dai 7 ai 18 anni, dopo la scuola, andavo lì. A fine lavoro, correvo in bici ad allenarmi».

La notò l’Inter…
«Prima il Milan. A 13 anni. Ma ero un nanetto e il provino andò male: sono cresciuto attorno ai 16 anni. Rimasi male perché a Milanello non vidi Rivera: era in nazionale, mi mandarono una foto autografata. A 17 anni mi testò il Varese in amichevole con Alessandria, ma mi schierarono mezzala e nemmeno quella volta convinsi. L’Inter mi prese in comproprietà coinvolta dal Como che non poteva, da solo, pagare il Montebelluna. Loro retrocessero, l’Inter Primavera partì invece per una tournée in Spagna e serviva una punta perché non c’era Chierico».

Cosa cancellerebbe della sua carriera?
«Il rigore nella semifinale di Napoli ai Mondiali 90. Ci ho sofferto, mi ha creato tanti problemi personali. Non dovevo calciare e mi ero seduto a terra, rilassato: sentii lo sguardo di Vicini addosso, mi spiegò di aver trovato tre soli rigoristi. Accettai di tirare, ma avevo le gambe dure come bastoni, mi sentivo in equilibrio precario, il portiere mi sembrava enorme e la porta minuscola: per me avevo segnato, non era così, le immagini dei compagni che mi consolavano le ho viste in tv. Ho due giorni di buio, i ricordi si riaccendono nella finalina di Bari».

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