ilNapolista

Andy Diaz italiano “per interesse dello Stato”: «Ho dormito fuori dall’ufficio immigrazione»

Il campione cubano del salto triplo ha ottenuto la cittadinanza a 29 anni, appena in tempo per le Olimpiadi. L’intervista su L’ultimo uomo

Andy Diaz italiano “per interesse dello Stato”: «Ho dormito fuori dall’ufficio immigrazione»

Andy Diaz Hernandez ha quasi 30 anni, è cubano. Non è un giovanissimo talento dell’atletica mondiale. Ha vinto due volte la Diamond Legue nel salto triplo, nel 2022 e nel 2023, e nel 2024 è il leader mondiale della disciplina con 17.61 metri.  E’ italiano ufficialmente solo dall’anno scorso, da quando cioè il Consiglio dei ministri gli ha conferito la cittadinanza per “eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato”. E’ entrato nel corpo delle Fiamme Gialle. Potrà gareggiare per l’Italia solo dal primo agosto, giusto in tempo per le Olimpiadi di Parigi.

E’ una storia esemplare, a suo modo, della schizofrenia burocratica italiana sulla questione della cittadinanza. Per diventare italiano ha dovuto dormire fuori dall’ufficio immigrazione di Roma, racconta L’Ultimo uomo.

“Non posso avere giustificazioni. Io sono pronto: nato pronto dal momento in cui mia mamma mi ha messo al mondo. In ogni caso e situazione, di fronte a qualsiasi problema personale e non, sono reattivo e so gestire e risolvere lo scenario che mi si presenta. Non c’è tempo, né per giustificarmi né per lamentarmi. Se c’è una difficoltà, un ostacolo, io li affronto. Se, ad esempio, in allenamento qualcosa non va bene, in gara cambio assetto mentale e riparto da zero. Ho una forza mentale enorme, non mi fermo mai, non mollo, cerco sempre di migliorare in allenamento. Credo che la forza mentale sia il mio vero talento”.

“Una volta presa la decisione di abbandonare il mio Paese natale, sapevo che c’era la possibilità di dover accettare di non poter fare alcune gare dove avrei anche potuto vincere. Non capita quasi mai di fare un Europeo in casa e mi sarebbe piaciuto gareggiare davanti a tutti gli italiani e romani in generale, e dargli la soddisfazione di una medaglia, di un buon spettacolo. In ogni caso sono molto contento. Non ho potuto fare nemmeno il Mondiale indoor. Ora ho le Olimpiadi. Ecco, io dico che a Parigi, per forza, devo portare a casa una medaglia, è quasi obbligatorio, il minimo che io possa fare“.

Racconta che il sistema sportivo cubano è “folle”, “una volta entrato nel team nazionale, se non fai il minimo per restarci, ti cacciano via. Per riuscire a gareggiare all’estero devi fare almeno tre gare con certi standard da loro stabiliti. Una cosa assurda… nel mondo, tutti, se hanno alcune misure, possono competere ovunque. Noi a Cuba non potevamo spostarci se non venivano convalidate almeno tre gare. Era una cosa che mi mandava fuori di testa, mi limitava come atleta, perché non potevo esprimermi e non potevo confrontarmi con gli altri. Sono andato ai Giochi di Tokyo con l’idea di farmi allenare da Fabrizio Donato. L’Italia è un Paese che mi piace tanto per la sua cultura. Anni fa mia mamma era venuta qui e mi aveva parlato della storia della Nazione, mi ha sempre colpito e affascinato. Quindi, la scelta nasce a priori. Una volta arrivato in Italia ho parlato con Fabrizio: volevo continuare con la mia vita sportiva, ma non avevo niente. Non avevo un posto dove dormire, non avevo soldi per mangiare, non avevo nulla. E comunque volevo fare atletica, ovvero ciò che mi piaceva. Ho contattato Fabrizio per vedere se mi poteva dare una mano, l’ho chiamato tramite Instagram o meglio ha parlato per me un amico italiano, visto che in quel momento sapevo solo lo spagnolo e anche adesso non parlo benissimo. Donato mi ha dato tutte le informazioni e mi ha spiegato cosa dovevo fare. Dovevo chiedere l’asilo politico e così ho fatto. Sono andato all’ufficio immigrazione, l’ho richiesto e l’hanno accettato. Sono andato all’Ufficio immigrazione un giorno prima, per prendere il posto, ho dormito per strada, per non perdere la priorità. Lì ci sono migranti, caos, scene veramente brutte che non auguro a nessuno di vedere. Andando il giorno prima sono riuscito a prendere appuntamento e da lì è iniziato il percorso per diventare cittadino italiano”. Donato “mi ha portato a casa sua, dove ancora oggi ho la mia residenza. In realtà, però, da poco mi sono trasferito, ho preso una casa in affitto perché sono riuscito a portare mia mamma da Cuba”.

Parla di Cuba: “Il problema sono i soldi e spesso nemmeno con i soldi sistemi le cose. Ogni volta che ho la possibilità, quando viene qualche amico, riempio una valigia con le cose di cui hanno bisogno. La situazione è critica, non c’è nulla, adesso hanno aumentato la benzina del 500%, è terribile. Per fortuna non è un Paese criminale con molta violenza. Siamo abbastanza isolati e anche se abbiamo dei problemi cerchiamo di sorridere e sdrammatizzare. Ma il problema c’è, a Cuba il problema c’è. Io non posso tornare per otto anni [come previsto dalla legge quando si diventa disertori, nda], ma, fortunatamente, oltre essere stato “bandito”, la mia famiglia non ha avuto ripercussioni come spesso accade. Non hanno sequestrato proprietà e non c’è stata nessuna ritorsione. Generalmente quando un atleta lascia il suo Paese, è automaticamente dichiarato tra i traditori quindi il Governo assume provvedimenti nei confronti dei suoi parenti e invece con me è andato tutto bene”.

ilnapolista © riproduzione riservata