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Maldini ha l’istinto del killer, ha scelto i giorni del tracollo del Milan per parlare (Libero)

Sgradevole? Forse: ma se lo cacci come lo cacciarono a giugno, lui ti fa a pezzi e se necessario ti umilia

Maldini ha l’istinto del killer, ha scelto i giorni del tracollo del Milan per parlare (Libero)
Db Riad (Arabia Saudita) 18/01/2023 - Supercoppa Italiana / Milan-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Paolo Maldini

Paolo Maldini, Libero scrive di lui, della sua intervista di ieri a Repubblica.

Stupito dall’intervista di ieri con cui ha fatto a pezzi quel che resta del Milan? Niente affatto. Stupito dal tempismo? Niente affatto: Maldini non dimentica, ha l’istinto del killer e colpisce nel momento in cui fa più male. Poi credo anche che avrebbe potuto risparmiarsi la mitragliata proprio ieri: poteva parlare quando lo fecero fuori o attendere fine stagione. E invece no: ha scelto i giorni del tracollo col Borussia, ha atteso un Milan in stato confusionale.

Poi insiste sul fatto che «su 35 acquisti ci contestano De Ketelaere, che aveva 21 anni. Se si scelgono ragazzi di quell’età, la percentuale d’insuccesso è più alta». Ecco, ci sarebbero anche Origi, Dest, Vranckx, Adli e qualche altro nome non poi così lucente. E ci sarebbe da dire che il ragazzino belga era sì un ragazzino, eppure l’abbaglio è di quelli che lasciano il segno. Poi, giustamente, Maldini mica si dà del fesso da solo.

Luci e ombre in quel che dice. Traditore? Mai nella vita. Sgradevole? Forse: ma se lo cacci come lo cacciarono a giugno, lui ti fa a pezzi e se necessario – ve lo ricordate in campo? – ti umilia. Conclusioni: non credo abbia tutti i torti. E poi, senza (un) Maldini da qualche parte – in campo, a volteggiare a Milanello – negli ultimi 40 anni non abbiamo vinto così tanto. 

L’INTERVISTA A REPUBBLICA

Paolo Maldini rilascia oggi a Repubblica la sua prima intervista dopo l’addio al Milan di sei mesi fa e lo fa partendo subito forte con una frecciata a chi lo ha voluto fuori dal Milan

«Avrei parlato di pancia, il tempo permette serenità. Ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Converrebbe tenersele strette».

Maldini non obietta che si possa decidere di cambiare, ma è il modo con cui si fa, perché dall’altra parte ci sono persone

«Se il club è stato venduto a 1.2 miliardi e la nuova proprietà vuole cambiare, ne ha il diritto. Ma vanno rispettati persone e ruoli. Ho dovuto trovare un accordo per i miei diritti»

Che cosa chiedeva Cardinale?

«Di vincere la Champions. Spiegai che serviva un piano triennale. Da ottobre a febbraio l’ho preparato con Massara e con un mio amico consulente: 35 pagine di strategia sostenibile e necessità del salto di qualità, mandate a Gerry, a due suoi collaboratori molto stretti e all’ad Furlani».

Risposte?

«Nessuna»

Può raccontare quel fatidico 5 giugno 2023?

«Cardinale mi disse che io e Massara eravamo licenziati. Gli chiesi perché e lui mi parlò di cattivi rapporti con l’ad Furlani. Allora io gli dissi: ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Mai. Ci fu anche una sua battuta sulla semifinale persa con l’Inter, ma le motivazioni mi sembrarono un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi stagionali, erano: ipotizzando l’eliminazione dalla Champions, un turno passato in Europa League e la qualificazione alla Champions successiva. Quella semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più e l’indotto record di sponsor e ticketing. L’attivo di bilancio appena approvato è relativo all’esercizio 2022-23, con le assumptions abbondantemente centrate».

L’azionista di controllo eccepiva?

«Con lui, in un anno, solo una chiacchierata, più 4 suoi messaggi. Diceva che dovevamo fidarci l’uno dell’altro. Io l’ho fatto: come sia andata, è noto. Credo che la decisione di licenziarci fosse stata presa mesi prima e c’era chi lo sapeva. Il contratto, 2 anni con opzione di rinnovo, mi era stato fatto il 30 giugno 2022 alle 22: troppo impopolare mandarci via dopo lo scudetto».

Per Scaroni, senza di lei, il gruppo di lavoro è unito.

«Mi dà fastidio come si raccontano le cose. Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola. Lui non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro. L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due Ceo, Gazidis e Furlani».

Maldini dirigente in Arabia?

«Le alternative al Milan sono limitate: mai un’altra italiana, eventualmente solo una straniera di alto livello. A me piace vincere e costruire. L’Arabia? Chissà, potrebbe essere un’idea».

 

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