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La Var è un fallimento colossale, il calcio è troppo tossico per considerare la buona fede (Guardian)

La rabbia è endemica, del pallone. È sempre stata lì. E non sarebbe una cosa negativa se la gente la sapesse usare invece di bestemmiare per un fuorigioco

La Var è un fallimento colossale, il calcio è troppo tossico per considerare la buona fede (Guardian)
Italian referee Federico La Penna checks the Video Assistant Referee (VAR) during the Italian Serie A football match Inter vs Torino on November 22, 2020 at the Giuseppe-Meazza (San Siro) stadium in Milan. (Photo by MIGUEL MEDINA / AFP)

Basta. Dai, facciamo che abbiamo scherzato. “Andava provato. Ma ora è il momento di ammettere che la soluzione migliore potrebbe essere semplicemente quella di eliminare tutto. Buttate via tutto. Troppe polemiche, troppi battibecchi inutili, troppo cattivo sangue e malafede. E soprattutto la sensazione travolgente che, nella ricerca di infiniti minuscoli miglioramenti, abbiamo perso qualcosa di vitale ed elementare, quella piccola scintilla di gioia che ci ha portato tutti qui in primo luogo”. Jonathan Liew torna a scrivere di calcio per il Guardian, e lo fa demolendo tutta l’impalcatura persino filosofica, intenzionale, della Var. In Inghilterra è un tema quotidiano.

Scrive che ormai il calcio “nonostante le buone intenzioni originarie, sicuramente non è più adatto allo scopo”. Insomma, l’introduzione della Var è “un fallimento colossale”. Perché il calcio è troppo tossico, ormai. Anzi, lo era già da prima. Chiaro che oggi non ce la fa.

“Vuoi decisioni che siano oggettivamente corrette e che la tua squadra non ne sia il destinatario. Vuoi la perfezione del gold standard perché qualsiasi cosa di meno è un attacco all’integrità del gioco, ma vuoi che venga anche fatta una scelta istantanea, perché ritardi indebiti sono un insulto per il tifoso pagante. Pensi che gli arbitri siano pagati troppo e che dovremmo trovarne di migliori. Pensi che i funzionari dovrebbero essere più trasparenti e aperti al controllo, eppure ogni volta che vedi o pensi a un funzionario, una rabbia calda e incontrollabile erutta dal profondo della tua anima. Pensi che la Var abbia ucciso l’emozione del calcio, eppure per qualche motivo sembri soffrirla più fortemente di molte altre cose nella tua vita. Sei – insomma – un masochista, un bambino o un tifoso di calcio, tre termini che in fondo significano la stessa cosa. La rabbia è reale. La rabbia è redditizia. I fornitori di contenuti e gli inserzionisti pre-roll di Internet vi ringraziano sinceramente per la rabbia. La rabbia è in realtà una cosa positiva e tra un attimo ne scopriremo il motivo. Ma la rabbia non è in alcun modo curabile o trattabile. Questo è semplicemente lo stato predefinito di chi segue il calcio in qualsiasi sua forma”.

“Ci sono momenti in cui può sembrare che il calcio sia intrappolato in una spirale di rabbia e reazioni. L’allenatore si lamenta, i tifosi si arrabbiano, il club rilascia dichiarazioni ufficiali, tutti gli altri si arrabbiano per il senso del diritto. Ma la rabbia stessa, anche se spesso mal indirizzata, spesso offensiva e grottescamente eccessiva, viene dal posto giusto. Sfiducia nei confronti dell’autorità, messa in discussione di chi detiene il potere, controllo del processo decisionale: questi sono in realtà i segnali di un pubblico impegnato. Un pubblico che potrebbe, con solo un po’ di coordinamento e una concentrazione leggermente più acuta, riuscire a realizzare qualcosa”.

Ma “se il limite della tua rabbia non si estende oltre il ribaltamento di una losca chiamata di fuorigioco contro la tua squadra, allora forse è il momento di iniziare a sognare un po’ più in grande”.

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