Ci mancava il pagellone papale sul calcio: «Tra Maradona e Messi meglio Pelé». Apriti cielo!
Il Tg1 gli ha chiesto la qualunque, ma i titoli sono tutti sulla trinità del pallone (e sulla ex fidanzata...). Bergoglio non si sottrae

Pope Francis gestures as he leaves in the popemobile car at the end of the weekly general audience on June 7, 2023 at St. Peter's square as in The Vatican. Pope Francis will undergo an operation for an abdominal hernia on June 7 at a Rome hospital, where he is expected to stay for "several days", the Vatican said. (Photo by Andreas SOLARO / AFP)
Il Papa tra Maradona e Messi preferisce Pelé. Apriti cielo! Si può dire nella fattispecie? Evidentemente Jorge Mario Bergoglio, in quanto Pontefice e – un po’ meno – in quanto argentino, non teme reprimende dall’alto. Anche perché è per ruolo istituzionale beninteso più in alto di tutti. Sarà per questo che il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, una volta trovatosi Francesco I a disposizione non poteva fare a meno di interrogarlo sulla vastità dell’intero scibile terreno. Ovvero, riepilogando a spanne: la passione per la musica classica della madre, la fidanzata prima di prendere i voti (“Lavorava nel cinema, l’ho incontrata anni dopo, quando ero arcivescovo di Rosario, con il marito e i figli”), l’amore per il mare (“ma non ci vado dal 1975, nel ’76 non potei per il colpo di Stato in Argentina, non ci sono più tornato”), del clima, degli omosessuali (“vanno accolti tutti, nessuno va escluso”), genericamente del futuro (“dopo di me attenti che vengano degli indietristi”) e ancora più ecumenicamente della guerra (“quella in Siria il momento per me più difficile”).
Ovviamente, poteva mai mancare il pagellone papale? La simil-enciclica, sul sacro e sacrilego pallone? E dunque ecco il momento topico: “Maradona come giocatore un grande, un grande. Ma Maradona come uomo è fallito. Poveretto è scivolato con la corte di quelli che lo lodavano e non lo aiutavano. È venuto a trovarmi qui il primo anno di pontificato e poi ha avuto la fine. È curioso: tanti sportivi finiscono male. Anche della boxe. Messi è correttissimo. È un signore. Ma per me di questi tre il grande signore è Pelé. Un uomo di un cuore. Io ho parlato con Pelé, una volta l’ho incontrato su un aereo quando ero a Buenos Aires, abbiamo parlato. Un uomo di una umanità così grande. I tre sono grandi. Ognuno con la sua specialità. Messi è bravo in questo momento. E Pelé era bravo”.
Dice che in Argentina, patria natale di Bergoglio, di Maradona, e Messi – da qui lo scandalo – non l’abbiano presa bene. Quello può parlare di Siria o di omosessualità, ma i miti del pallone no. Non bestemmiamo. D’altra parte la domanda al Papa sul calcio non è uno spunto fantasista del direttore del Tg1: Bergoglio non ha mai negato la sua giovinezza “temporale”, fatta di cose umane quali perlappunto il gioco, lo sport. Faceva il portiere, raccontato un’altra volta alla Gazzetta dello Sport, e ovviamente “fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte”, non poteva essere un divertimento e basta. Persino il suo predecessore, Ratzinger, disse che “Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e le scene di teatro, le mie vere università”.
Bergoglio ricordava “molto bene e con piacere quando, da bambino, con la mia famiglia andavamo allo stadio, El Gasómetro. Ho memoria, in modo particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo vinse. Ricordo quelle giornate passate a vedere i calciatori giocare e la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue. Poi ho un altro ricordo, quello del pallone di stracci, la pelota de trapo: il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare, quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa. Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi, anzi ero quello che in Argentina chiamano un ‘pata dura’, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta. Ma fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte… E ho giocato anche a basket, mi piaceva il basket perché mio papà era una colonna della squadra di pallacanestro del San Lorenzo”.
Non avesse mille cose di cui occuparsi, compreso il suo stato di salute, il Tg1 proverebbe ad affibbiargli una rubrica settimanale alla Domenica Sportiva. Il Giudizio universale. Inappellabile. Altro che i vecchi processi del lunedì.