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Bellavista: «Io squalificato a vita per le scommesse, ora sento parlare di ludopatia» (Corrmezz)

L’ex capitano del Bari: «Quanta ipocrisia, i calciatori di squadre importanti passano per innocenti. È falso che Signori sia estraneo alle scommesse»

Bellavista: «Io squalificato a vita per le scommesse, ora sento parlare di ludopatia» (Corrmezz)
Gc - archivio Image Sport / foto Giuseppe Celeste/Image Sport nella foto: Antonio Bellavista

Antonio Bellavista, 46 anni, a lungo capitano del Bari prima del ritiro nel 2009, nel 2011 rimase direttamente coinvolto nel calcioscommesse e fu squalificato.

Viene intervistato dal Corriere del Mezzogiorno edizione Puglia, a firma Nicolò Delvecchio.

«Ho chiesto alla Figc due volte la grazia perché voglio tornare nel mondo del calcio. Non credo sia giusto che chi gioca nel Bari non debba avere sconti e chi invece si trova in una big si appelli a queste cose per ottenere benefici. Esistono delle pene? Si applichino senza sconti. Non mi sono mai nascosto dietro nessuno e ho sempre ammesso le mie responsabilità. Altri, invece, si professano innocenti pur sapendo di non esserlo, aiutati anche da una stampa favorevole. La ludopatia nei giovani calciatori? Ci si inventa di tutto pur di aiutare chi gioca in squadre importanti…».

Nel 2011 Bellavista rimase direttamente coinvolto nella vicenda calcioscommesse che coinvolse, oltre alla giustizia sportiva, anche le Procure di Cremona, Bari, Napoli e Genova. Quello scandalo colpì direttamente Bari e Lecce per il derby truccato del maggio 2011 (al San Nicola finì 2-0 per i giallorossi) e Bellavista, sotto indagine a Cremona per altre vicende, fu infine radiato a vita dalla Figc. Ora che si torna a parlare di calciatori e scommesse, l’ex centrocampista sente di doversi togliere qualche sassolino dalla scarpa.

Da tempo pubblica sui suoi social post relativi alle vicende presenti e passate.

«Mi dà fastidio l’ipocrisia. Qualche giorno fa è andato in onda un servizio in tv in cui Beppe Signori, ex grande calciatore, dice di essere totalmente estraneo alla vicenda calcioscommesse e tira in ballo me. È falso: io ho sempre ammesso le mie responsabilità, lui sostiene di aver rinunciato alla prescrizione e, per questo, di essere stato assolto con formula piena. Però nel filone principale di indagine, quello di Cremona, lui non ha rinunciato a nulla e le pene sono state prescritte. Lì il gip lo indicava come “organizzatore” dell’associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Però questo non è stato detto».

Pensa che aver ammesso le sue responsabilità possa averla danneggiata?

«Non credo, alla fine molti giocatori che hanno confessato di aver truccato le partite hanno ripreso a giocare dopo poco tempo e a livelli alti. Ci sono stati, e ci sono ancora, due pesi e due misure: i calciatori di squadre importanti alla fine passano per innocenti e vengono aiutati, quelli delle piccole invece devono scontare tutto fino alla fine. Questa non mi sembra giustizia. Ora addirittura sento parlare di ludopatia…».

Si parla di ludopatia nei casi recenti di Tonali e Fagioli, giocatori di Milan (ora al Newcastle) e Juventus. La considera una scusa?

«Non so se effettivamente abbiano questa patologia, e a loro va comunque la mia solidarietà. Dico solo che chi sbaglia deve pagare. Non credo sia giusto che chi gioca nel Bari non debba avere sconti e chi invece si trova in una big si appelli a queste cose per ottenere benefici. Esistono delle pene? Le si applichino senza scorciatoie. La situazione in cui mi trovai coinvolto io era sicuramente più grave, ma questo non significa irrogare pene ridicole».

Lei in passato ha chiesto la grazia alla Figc. Ha ottenuto risposta?

«L’ho chiesta due volte, non ho mai ricevuto risposte. Signori e l’ex portiere della Cremonese Paoloni, colpevoli quanto me, sono stati graziati e possono tornare a lavorare nel calcio. Ma sono al lavoro con i miei avvocati, Casimiro Delli Falconi e Francesco Rondini, per cercare di ottenerla. Abbiamo una chat apposita “Giustizia per Bellavista”».

Cosa fa adesso?

«Sono consigliere comunale a Bitonto, ho un centro sportivo rinomato, lavoro nell’edilizia. Non ho bisogno di lavorare nel calcio e la mia battaglia non è finalizzata a rientrare nel pallone. È solamente una questione di principio».

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