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De Laurentiis: «Ho ammesso di aver sbagliato, non ho detto di voler cambiare allenatore»

Le parole del presidente su Sport Mediaset: «Non è che ogni volta che un cerino incendia un pezzo di carta si grida al fuoco. Noi siamo i pompieri di noi stessi»

De Laurentiis: «Ho ammesso di aver sbagliato, non ho detto di voler cambiare allenatore»
Italian film producer, owner and chairman of Italian football club Napoli Aurelio De Laurentiis attends the '130 years of Il Mattino' Italian daily newspaper event at the Royal Palace in Naples, Southern Italy, on May 25, 2022. (Photo by Eliano Imperato / Controluce via AFP)

Il presidente del Napoli De Laurentiis ha organizzato al centro di Castel Volturno una conferenza stampa per chiarire la sua posizione dopo la sconfitta con la Fiorentina

«Dopo la sconfitta con la Fiorentina ho letto di tutto. Nella vita si possono avere dubbi e va valutato il proprio operato, se c’è stato qualche errore me ne prendo la responsabilità: le scelte di questa estate sono state mie, ovviamente con i miei nuovi collaboratori. Ma da qui a dire di cambiare l’allenatore.

De Laurentiis: Un cambio di guida tecnica è sempre traumatico e poi non ci sono in giro tanti allenatori che praticano il 4-3-3 con la difesa alta, come successo con Sarri e Spalletti. In questo periodo ho avuto tanti impegni, ora sono tornato e mi sono riavvicinato alla squadra per darle serenità, la certezza che noi ci siamo Noi siamo il Napoli, ci siamo qualificati in Europa per 15 anni di fila, unica squadra italiana. Non è che ogni volta un cerino incendia un pezzo di carta bisogna gridare che va a fuoco tutto. I pompieri siamo noi stessi che non dobbiamo alimentare le fiamme di un possibile incendio, ma decidere senza alimentare illusioni che sono  dettati dalla fretta».

«Sono stato alla Luiss a parlare di calcio e imprenditoria dove sapevo che era stata organizzata una cosa di un certo livello, mi hanno detto “non ci sono giornalisti e non c’è comunicazione all’esterno”, serviva un moderatore  io suggerii il direttore della Repubblica perché mi conosceva e poi però mi sono visto all’esterno proiettare delle situazioni che erano una punteggiatura rispetto ad un compendio di cose importantissime di cui avevamo parlato e di cui non ho trovato traccia sui giornali».

Poi qualche parola anche in merito alla questione scommesse:

De Laurentiis: «Due anni fa invitai al Grand Hotel di Roma dove feci vedere in libro, “Mafia e calcio” dove si parlava delle scommesse.Le scommesse si fanno in maniera ortodossa e poco ortodossa, esiste una centrale ad Hong Kong che fattura più di 50 miliardi di dollari l’anno. Argomento poi ripreso da Raffaele Cantone in “Football clan”. E io mi dico quando si parla di un argomento così importante non viene mai riportato o sviscerato, perché questo argomento era relativo a quello che vediamo in questi giorni».

E aggiungere subito dopo:

«Non parlo di ludopatia, di vizi, di troppi soldi che girano, di persone poco mature: per quel che mi riguarda sono sempre stato molto attento ad assumere calciatori la cui realtà familiare e provenienza geografica mi assicurassero una certa tranquillità psicologica e una certa tutela. Nella mia vita sono sempre stato molto ligio a tutto ciò che è la legalità ed è una regola fissa anche nella mia famiglia e all’interno delle mie società. Quindi noi sorvegliamo i nostri ragazzi, poi è chiaro che la gestione di una ricchezza immediata è un problema perché non tutti hanno la capacità di saper gestire una ricchezza immediata. Uno può essere abbagliato, fuorviato se non ha altri interessi, per me infatti è molto importante capire se un giocatore ha altri interessi. Tutti quanti da bambini impariamo a giocare con le carte, per non parlare di Napoli, dove durante le festività natalazie si giocava non solo a tombola ma anche a “sette e mezzo”. È chiaro che un ragazzo giovane che comincia a disporre di milioni, può essere preda, anche se non è giustificabile, di determinate attrazioni».

Sulla serie A e i diritti del calcio

De Laurentiis: «Credo che la cosa più importante di cui parlare sia dove sta andando, dopo la guerra, dopo Israele e tutto il resto, dove stancando il calcio italiano, come sarà possibile portare avanti le 20 società della serie A attraverso una modernizzazione di questi diritti che sono sempre stati un pochettino mortificati da lacci e laccioli determinati dalle varie leggi che il Governo pone. Il calcio italiano si è trasformato in un’industria dello sport ma un’industria atipica perché non puoi prevedere come va, come il cinema, perché entrambe trattano beni non materiali».

Poi precisa di non chiedere di Conte perché sarebbe un’azione di disturbo

«Antonio Conte? Non voglio domande al riguardo, sarebbe un’azione di disturbo. Ho fatto con lui una vacanza anni fa alle Maldive, c’era anche la sua famiglia, e da quel momento abbiamo mantenuto i rapporti. Mi sento ancora con Mazzarri, Ancelotti, Benitez, Reja. A me il fatto di creare il pettegolezzo che può trovare la sponda nell’impresa di demolizione di Garcia, mi infastidisce. Quindi vi sarei grato che non mi poneste domande di disturbo alle quali non risponderei».

De Laurentiis sulla sua presenza a Castel Volturno

«C’è un’altra cosa che mi infastidisce dei media, “De Laurentiis vuole essere onnipresente”, ma io faccio l’imprenditore di mestiere e quindi faccio impresa e per fare impresa con i miei soldi devo essere presente. Purtroppo è una mia colpa non essere stato sufficientemente presente all’inizio del campionato, poi ho capito le queste incombente erano risolte e mi sono dedicato tutti i giorni al Napoli che è il film più “pantarei” che va curato tutti i giorni. Se hai vinto un campionato con 16 punti di vantaggio sulla seconda, dove sta scritto che si possa ripetere, ce lo auguriamo, ma non abbiamo nessuna certezza. Non è che se avessi fatto venire altri allenatori sarebbe stato diverso. Poi mettiamoci in testa, molti allenatori dicono “per quanti soldi mi diano, per quanto sia un’ottima società, ma mi vado a mettere nella condizione di essere paragonato con quello prima di me” e chi glielo fa fare? Vanno a scegliere la situazione più semplice. Secondo me sono degli stupidelli perché non sanno cosa si perdono nel non vivere a Napoli».

È più preoccupato per il Napoli o per la situazione in Lega?

De Laurentiis: «Non sono preoccupato per il Napoli, perché sono io in sella e conosco i rischi e son come affrontare le situazioni, quando sei in Lega e hai altre 19 società con le quali ti devi misurare, non è faciledialogare e convincere posizioni, mentalità ed economie diverse. Non è che mi preoccupa perché io sono un combattente. Io ho sempre detto che demandiamo lo stadio virtuale a chi ci sfrutta e ci abbina a film, a serie televisive, a varietà per cui non ci fa una pubblicità appropriata del campionato di serie A. Non ho mai visto fare spot sensazionali per la presentazione del campionato. Non si sa neanche fare gli orari delle partite, si fa la partita la domenica alle 20.45? Bisogna riavvicinare i bambini alla partita e la mettiamo in un orario in cui devono andare a letto perché il giorno dopo devono andare a scuola. E i genitori devono andare a lavorare o non fanno nulla? Anche quella è una dimostrazione di come si vende male il calcio in Italia».

L’imprenditore De Laurentiis oggi dopo 20 anni si affaccerebbe ancora nel calcio italiano?

«Probabilmente sì perché sono sempre stato allenato nel mondo del cinema che contemplo essere totalizzante. Ho fatto una lunga gavetta e mi sono divertito perché se non hai gli strumenti per poter comandare non ti diverti perché quando vai a fare una negoziazione devi poter guardare negli occhi del tuo interlocutore per capire cosa vuole e dove vuole arrivare».

De Laurentiis ha parlato di Osimhen e dell’infortunio che lo ha rallentato:

«Il Napoli ha sempre avuto tanti nazionali e il rimborso che il Napoli ha sempre avuto è molto basso e non va bene, così come non va bene far giocare in Nazionale un 32enne. È una brutta abitudine dei nostri nonni che parlavano di esperienza, ma noi abbiamo visto che ci sono ragazzi che a 18-19 anni sono dei campioni. Perché ci devono essere due Nazionali, io ne voglio una sola con massimo 22enni, sennò quando scopriamo i grandi nuovi campioni. Devo fare la Nazionale con un finto italiano che ha 28-29 o 30 anni. E poi dovrebbe essere lasciata la scelta al club di poter mandare o meno in nazionale un giocatore convocato, la possibilità di dire no se si tratta di un’amichevole o se le date non sono giuste. Perché è troppo facile avere a disposizione un numero esagerato di giocatori che neanche giocano. Se il campionato nazionale vale, bisogna stabilire che se io ho pagato un giocatore una certa cifra e  me lo portano via un certo numero di giorni, allora si fa un’equazione di quando devono pagare. Se l’ho pagato 50 milioni e mi torna infortunato, dovrebbero risarcire il club del costo per giorno di tutto il periodo in cui starà fuori. Pensate a Neymar crociato e menisco, sta fuori un anno prima che riprende come prima. Allora si vedrebbe con quale parsimonia si gestirebbero i calciatori che invece vengono convocati con grande semplicità e fanno in modo che i giocatori si sentono esaltati da queste convocazioni, però se poi non giocano? Quando vedo qualcuno col muso che non è stato convocato gli dico: “ringrazia il cielo che ti puoi continuare ad Allen are qui che magari andavi e neanche giocavi”».

Alla Luiss aveva parlato di momento no con Garcia

De Laurentiis: «In quel momento c’era momento no mio che interloquivo con me stesso chiedendomi “Aurelio come mai in questa partita sono stati fatti tutti questi errori? Perché ci si interroga e ci si mette in dubbio. Io ho scelto l’allenatore quindi le colpe, se uno deve parlare di colpe, me le assumo e infatti io qua sto. Era più semplice chiamare un altro allenatore e si diceva che avevo avuto l’effetto sacrificale per accontentare la piazza. Ma sono strozzata, la piazza è intelligente, siamo noi che non la facciamo diventare intelligente. I tifosi sono molto più intelligenti di quello che si possa pensare, ma devi essere operativamente sincero, non raccontare le frottole».

C’è un ritorno di un momento sì con Garcia

«Assolutamente sì perché anche Garcia si è sentito al centro delle critiche di tutti i media per cui mi sono dovuto affrettare a tendergli la meno e dirgli “non ci sono problemi, tu vai avanti e non ti preoccupare, ci sono stati degli errori, tutti li commettiamo”».

C’era delusione nelle scelte fatte nel post Spalletti e Giuntoli

«Giuntoli da sei mesi si era messo in branda, mi continuava a ripetere: “mi mandi alla Juventus?” E io gli dicevo: “cos’è questa storia, improvvisamente sei diventato un sostenitore della Juve? l’abbiamo sempre considerata la nemica sportiva numero uno.È un altro film, questo!” Giuntoli è stata un’intuizione di Chiavelli e del sottoscritto, abbiamo preso in un club che dalla serie C era arrivato in A, perché un direttore sportivo deve avere la cultura dell’umiltà e del lavoro, e lui ce l’aveva. Così come io mi sono trovato molto bene con Meluso». 

Come ha spiegato il presidente, il georgiano non sarebbe stato il suo asso nella manica:

«Quando sento dire “Kvara lo ha portato…”. Kvara lo ha portato una segnalazione a mio figlio Edoardo che poi l’ha passata a Maurizio e poi a Giuntoli. Lui qui ha indovinato tanti giocatori e ne ha sbagliati altrettanti, così va nella vita: è un ottimo professionista che è andato alla Juve con mia grande sorpresa».

Nessun delusione?

«No. Se fossi deluso non avrei già sostituito qualcuno? Vuole dire che non mi conoscete. Meluso è una persona stra educata, piacevolissima, educatissima. Micheli è un gigante dal sorriso umano da 15 anni nel Napoli. Io mi trovo benissimo»

Le reazioni dei calciatori contro Garcia

«Non c’è nessuna reazione. Ho parlato con tutti i calciatori e tutti sono con Garcia. Gli ho detto che siamo stati signori e non abbiamo applicato multe e contro multe perché volgiamo che loro capiscano che non devono fare nessun gesto perché l’allenatore in quel momento ha diritto di vita e di morte delle sostituzioni, Poi dopo la partita con calma e a bocce ferme se ne parla con tranquillità e serenità per chiedere i perché e i per come. La prossima volta che qualcuno farà un gesto beccherà la multa che non ho fatto prima e quella di dopo e ci passerà anche chi non lo aveva fatto prima»

Ha parlato con tutti i giocatori?

«Ho parlato con ognuno individualmente perché quando stai a tu per tu con una persona quello ti dice quello che pensa. Poi con molti devi parlare in inglese. A quelli nuovi ho fatto un certo tipo di discorso, agli altri ho parlato della responsabilità dello scudetto che hanno vinto l’anno scorso e che è un’eredità che non si può cancellare»

Su Osimhen e il futuro

«Non sono mai stato non sereno nei confronti di Osimhen, ma si è sempre in due in queste cose: io sono rimasto lo stesso, se il suo umore è cambiato non posso farci nulla. Se dopo una stretta di mano  le cose cambiano, la cosa dispiace, ne prendiamo atto ma poi la vita va avanti. Con lui ci sono ottimi rapporti, la scadenza del contratto è nel 2025, c’è tempo. Non dimenticate che ho venduto Koulibaly all’ultimo momento. Mi sembra che siamo al mercato degli stupidi come se il mercato dovesse comandare su un club. Io non sto qui per far crescere i giocatori e rivenderli, il Napoli è il Napoli. Quando qualcuno mi dice che lo considera un punto di passaggio gli dico “beato te”, poi è un problema di portafoglio e misconoscenza. Io lh’ho etto anche al Governo che per risolvere i problemi del calcio italiano bisogna risolvere due problemi, la pirateria e i procuratori. Non è che risolvo il problema dei procuratori se stabilito una percentuale, ma lo faccio se porto il contratto a 8 anni e facendo esercitare la procura alla società calcistica. Perché se le società di calcio sono indebitate a dismisura addirittura da non potersi iscrivere al campionato. I procuratori sono quelli che hanno ingrassato le loro tasche e lasciato vuote quelle dei club. Quindi noi riempiamo le tasche dei procuratori da una parte e dei broadcaster televisivi dall’altra».

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