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Sacchi: «Mancini si sentiva imbattibile dopo Wembley. Per come è andata, non eravamo poi così fenomenali»

A Repubblica: «Dopo l’Europeo la Nazionale di Mancini era lunga e non più così funzionale. Forse non avevano più una vera mentalità vincente».

Sacchi: «Mancini si sentiva imbattibile dopo Wembley. Per come è andata, non eravamo poi così fenomenali»
Db Cesena 07/06/2022 - Uefa Nations League / Italia-Ungheria / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Arrigo Sacchi

Repubblica intervista Arrigo Sacchi, anche lui ct della Nazionale dal 1991 al 1996, nel mezzo una finale persa nel Mondiale del ’94 contro il Brasile, nella famosa finale di Pasadena. Ovvio che in queste ore il tema principale dei quotidiani sia l’Italia. Le dimissioni di Mancini hanno creato un vuoto enorme da colmare nel più breve tempo possibile:

«Ah, di una cosa sono sicuro: il problema non è Roberto Mancini, il problema siamo noi. Guidare la Nazionale significa essere soli, in un Paese senza cultura e non solo sportiva. Se provi a vincere con merito, se ragioni al plurale, sei un povero ottimista in mezzo ai pessimisti».

Da Wembley in poi Mancini ha fatto il pieno di fiducia e ottimismo:

«Forse troppo: sospetto che da quel giorno si sentisse imbattibile. Visto cos’è successo dopo, non eravamo poi così fenomenali, evidentemente».

Gazzetta rimprovera ormai all’ormai ex ct di aver scelto lui tempi e modi e di non essere andato via (o essere esonerato) all’indomani di Italia-Macedonia. Infatti Sacchi lascio dopo la sconfitta a Pasadena:

«Se guardo indietro, la mia fu proprio un’altra storia. Arrivai secondo a Usa ’94 perdendo in finale contro il Brasile ai rigori, ma questo alla critica faceva schifo. Mi spararono addosso, non gli pareva vero. Così come non gli pareva vero, attaccando me, di poter colpire anche Silvio Berlusconi appena entrato in politica. Mi sfinirono, ne avevo piene le scatole».

Gazzetta dimostra ancora una volta una certa cura nel sottolineare le tempistiche di Mancini, reo di aver sbagliato tempi e modi delle dimissioni:

«Io lo feci a dicembre, senza partite importanti all’orizzonte. Ma non giudico il collega, della sua scelta non sappiamo niente. Non me l’aspettavo di certo, come nessuno. Mancini avrà avuto altre proposte, chissà. O forse tra lui e la Federazione si era rotto qualcosa che non si poteva più riparare. Certo la tempistica non è stata delle migliori».

Eppure gli azzurri all’Europeo giocavano proprio bene, non trova?

«Sì, perché il loro calcio era propositivo e collettivo. Poi, però, anche la Nazionale di Mancini ha cominciato ad allungarsi e a non essere più così funzionale. Non credo che quella squadra e quell’allenatore avessero, in fin dei conti, una vera mentalità vincente».

Spalletti prossimo ct della Nazionale, l’opinione di Sacchi:

«Il commissario tecnico della Nazionale è una persona che deve fare i conti con l’ottanta per cento di giocatori stranieri in Serie A. È un eunuco in un harem pieno di bellissime donne che non può avere: io, almeno, mi sentivo così. Auguri al nuovo ct. Perché dovrà dare uno stile alla Nazionale di una nazione che stile non ha».

Ritornano lo spettro dei soldi arabi, un spettro che Mancini ha allontanato dichiarandolo su tre quotidiani:

«Mi fa paura un mondo dove il denaro può diventare il vero obiettivo delle persone. I soldi sono importanti, però in una giusta misura, altrimenti guastano ogni cosa: nel calcio, questo vale per i giocatori e per gli allenatori allo stesso modo».

 

 

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