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La nostalgia romantica di Wimbledon: tutti vogliono che vinca Murray. E lui ci crede

Il Telegraph: “Lui non deve niente a nessuno, ma appartiene all’iconografia dell’estate sportiva. E’ improbabile, ma ha una sete inappagata”

La nostalgia romantica di Wimbledon: tutti vogliono che vinca Murray. E lui ci crede
2022 Londra (Inghilterra) - Wimbledon / foto Imago/Image Sport nella foto: Andy Murray ONLY ITALY

E’ cominciato il torneo di Andy Murray. Il suo Wimbledon. Quello che per qualche motivo il “vecchio” Andy dovrebbe vincere. A dispetto dell’età, delle anche d’acciaio e degli avversari. E’ come se la Gran Bretagna si fosse ammalata di romanticismo: in tabellone c’è pur sempre un certo Djokovic, che non perde una partita sull’erba londinese da quattro edizioni quattro… Il New York Times scrive che Alcaraz ha studiato tantissimo il gioco d’erba e lo ha fatto studiando, appunto, Murray. Però fanno finta di niente: dicono che Andy ce la può fare.

E come tale lo trattano, Murray: un possibile vincitore proveniente dal passato. E’ “tutto stranamente nostalgico”, scrive anche il Telegraph. Al primo turno ha devastato il connazionale Peniston, lasciandogli solo 4 game. “Forse l’ultima volta che ha trasmesso tanta sicurezza su questo palco è stato nel 2016, e sappiamo tutti come è andata a finire“. Spoiler: ha vinto.

Scrive Oliver Brown che il contesto ha contribuito a montare tutta questa panna patriottica: “il senso di interregno è palpabile. Andato è il re, con Roger Federer che passa allo splendore cerimoniale in abito color crema nel palco reale. Manca anche Rafael Nadal. È vero, il 20enne Carlos Alcaraz soddisfa il quoziente richiesto di muscolosi spagnoli increspati, ma Wimbledon è un luogo che glorifica gli aristocratici affermati”. Murray insomma “riaccende ancora una volta i vecchi fuochi”.

Un giudizio sobrio suggerisce che ciò sia improbabile”. Gli tocca affrontare probabilmente Stefanos Tsitsipas già al secondo turno. Ma il ragionamento miracolistico fila trovando vari escamotage: Tsitsipas è battibile, al momento, e il suo potenziale avversario al terzo turno è Ben Shelton, “ricco di talento ma tenero, che non ha mai viaggiato fuori dagli Stati Uniti prima di diventare un quarto di finale dell’Australian Open a gennaio”. Poi, dopo, si intra in un territorio onirico. E lì tutto è possibile.

Non che Murray debba qualcosa a qualcuno – scrive il Telegraph – È già un’icona di Wimbledon, avendo grattato il prurito sportivo più ostinato del Paese con i suoi due trionfi in quattro anni. Ma da qualche parte in quella complessa psiche competitiva c’è una sete inappagata. Il motivo per cui non si è ancora unito a Federer in un lussuoso trespolo a bordo campo è che rimane convinto di poter andare fino in fondo, come dicono i migliori, nel luogo in cui ha forgiato la sua leggenda. È per questo che sostiene la sua esistenza itinerante in tournée con quattro bambini sotto i sette anni. È per questo che partecipa ancora a umili eventi. Questi sono i momenti, crede, in cui può ancora evocare un glorioso bis”.

Murray appartiene, inevitabilmente, all’iconografia dell’estate sportiva”. Per Brown senza Federer e Nadal, “non sembrerebbe Wimbledon senza i primi borbottii di rimprovero di Murray, o il primo pugno silenzioso di sua madre Judy, o i capelli perfettamente acconciati della moglie Kim”.

“È un pesante fardello di aspettative da sopportare per una persona, tranne per il fatto che suggerisce che non lo farebbe in nessun altro modo”.

“A volte si dice che i campioni dovrebbero congedarsi una volta che non possono più contemplare la vittoria. Pochi oserebbero chiederlo a un Murray di questo umore”.

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