Simeone: «papà si è innamorato di Napoli, vuole sempre che gli porti cinque chili di mozzarella»
L'attaccante del Napoli ad As: «Se mi allenasse, i compagni mi cercherebbero per parlare male di lui. Spalletti? La sua decisione va rispettata»

Mg Milano 18/09/2022 - campionato di calcio serie A / Milan-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Giovanni Simeone
L’attaccante del Napoli, Giovanni Simeone, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano spagnolo AS a pochi giorni dall’ultima sfida di campionato
La storia con il Napoli è iniziata nel 2018, ma dall’altra parte: la sua tripletta con la Fiorentina ha messo fine al suo sogno scudetto.
«Segnare tre gol contro una squadra così grande è stato speciale. Ovviamente quando sono arrivato qui tutti me lo ricordavano e lo fanno ancora. Ora aggiungono: “sei perdonato”».
Com’è stato l’impatto con la città?
«Ho notato la differenza delle persone rispetto al nord. Qui ti accolgono con amore fin da subito e questo mi ha aiutato molto, siamo molto simili. Inoltre, essendo il primo argentino da tanto tempo, mi hanno sempre dimostrato un affetto speciale. Volevo far parte della città e non ci è voluto molto per farmi sentire così».
È arrivato dopo aver segnato 17 gol al Verona, e ha capito che non poteva essere titolare in azzurro.
«Il direttore (Giuntoli, ndr) è stato bravissimo, mi ha chiarito tutto. Mi ha detto che se fossi venuto ci sarebbe voluta molta pazienza. Sapevo cosa mi aspettava, sono arrivato qui felicissimo e convinto che avrei avuto le mie possibilità, preparando ogni partita come se dovessi giocare titolare. Le ho vissute tutte così e non mi interessava chi giocava o segnava, li festeggiavo tutti come se fossero miei».
Cosa ti ha colpito di Osimhen?
«Sembra che non sia sempre presente, ma ogni volta che gli arriva la palla si inventa qualcosa. È spontaneo, non prepara i movimenti, vengono fuori dal nulla e questo rende la vita molto difficile ai difensori. Sa trovare spazio e calciare con grande disinvoltura».
Ci si aspettava un Kvara così decisivo?
«Quello che colpisce è il suo modo di voler affrontare sempre il difensore. Non ha nient’altro per la testa, anche se qualcosa va storto, torna indietro e lo fa di nuovo. Sapevo che aveva qualcosa, ma quando l’ho visto allo scoperto, ho capito che era una bestia. Come Victor».
«C’è stato un momento in cui ci siamo resi conto che saremmo comunque diventati campioni»
Quando?
«La vittoria contro la Roma a gennaio, quando ho segnato il gol. Mio padre me l’ha anche detto, mi ha mandato un messaggio di notte: “Questo sa di campione”. Mi sono commosso, perché ha fatto lo stesso con l’Argentina quando hanno vinto gli ottavi di finale in Qatar»
Non potrebbe sfruttare meglio i suoi 751 minuti. Otto gol: uno ogni 93’…
«La cosa più difficile è mantenere la concentrazione senza avere continuità. È una cosa che mi ha fatto crescere molto».
«Fermarsi per godersi qualcosa che si sta realizzando nel calcio è difficile, ma vincere così presto ci ha permesso di pensare. In queste settimane ho ricordato il mio lavoro da bambino: non sono mai stato un super giocatore, dovevo guadagnarmi ogni passo che facevo».
Suo padre veniva a trovarla in quei giorni.
«È difficile conciliare gli impegni con mio padre, ma averlo al mio fianco in quel momento è stato incredibile. Amava tutto, non si aspettava un posto con tanta magia. Si è innamorato di Napoli… E della mozzarella. Ogni volta che andiamo lì, ci chiede di portargli cinque chili. Cinque!»
Ha dichiarato che preferiva non essere il suo allenatore. Pensa che sia cambiato?
«Parliamo sempre dell’unico modo perché ciò accada, cioè che lui venisse in una squadra dove sono già io. Quindi sarebbe diverso, anche se ugualmente scomodo negli spogliatoi. I giocatori non sono sempre contenti del loro allenatore e ci sarebbero persone che vorrebbero parlare male di mio padre con me».
La profezia del 1986 si è avverata: Argentina campione, Napoli anche.
«Ci pensavamo tutto il tempo. Anche quando abbiamo perso contro la Cremonese, abbiamo visto che l’unico anno in cui hanno raggiunto la semifinale di Coppa Italia è stato l’86/87. Ho riso molto con Di Lorenzo perché c’erano tante coincidenze, ma non volevamo sentirle. C’era qualcosa nell’aria. Prima di essere campioni a Udine, ci siamo riuniti nello stesso albergo dove Astori è morto cinque anni fa. Ero nella stessa stanza in cui l’ho visto l’ultima volta e ho sentito che era arrivato il momento di vincere».
L’addio di Spalletti.
«Spalletti ha detto che vuole riposare, stare con la famiglia e la sua decisione va rispettata. Lo amiamo, è stato meraviglioso lavorare con lui e gli auguriamo il meglio. Si merita tutto quello che gli sta accadendo».