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La Corte Ue dichiara in parte illegali le norme Uefa sui giocatori del vivaio

Secondo la Corte Ue, le norme Uefa sui giocatori del vivaio possono determinare una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di altri Stati membri.

La Corte Ue dichiara in parte illegali le norme Uefa sui giocatori del vivaio
Torino 21/05/2022 - finale Champions League femminile / Barcellona-Lione / foto /Image Sport nella foto: Aleksander Ceferin

La Corte dell’Unione europea ha dichiarato che le norme sui giocatori del vivaio siano in parte incompatibile con le norme Uefa. Lo riporta Calcio & Finanza che cita la posizione dell’avvocato generale Maciej Szpunar. Secondo l’avvocato le norme che considerano “giocatori del vivaio” sia quelli formati da un club che quelli formati da altri club della stessa lega nazionale non sarebbero del tutto compatibili con le norme sulla libera circolazione dell’Unione Europea.

Nella nota della Corte Ue si legge:

I giocatori del vivaio sono definiti come giocatori che, indipendentemente dalla cittadinanza, tra i 15 e i 21 anni per almeno tre anni sono stati formati dal loro club o da un altro club della medesima lega nazionale. Di questi otto giocatori, almeno quattro devono essere stati formati dal club di cui trattasi. Sulla base di tali norme, l’Union royale belge des sociétés de football association (Federazione calcistica del Belgio; «URBSFA») ha adottato prescrizioni sostanzialmente analoghe per i club calcistici che partecipano alle divisioni del calcio professionistico. Tuttavia, al contrario delle norme dell’UEFA, quelle belghe non impongono che quattro giocatori del vivaio su otto siano stati formati dal club di cui trattasi.

In sostanza per la Federcalcio belga non è obbligatorio che sugli otto “giocatori del vivaio”, quattro devono essere necessariamente cresciuti nello stesso club.

La logica è la seguente:

Le norme Uefa limitano la possibilità per un club di calcio professionistico di ingaggiare giocatori che non soddisfano il requisito di radicamento locale o nazionale, e di schierarli in campo in una partita. Le stesse norme limitano anche la possibilità per un giocatore di essere ingaggiato e schierato in campo da un club rispetto al quale non può far valere tale radicamento.

A seguito di queste conclusioni, l’avvocato generale ha ricordato come le attività sportive rientrano nel sistema economico dell’Europa e quindi rientrano nelle libertà fondamentali sancite dal Trattato sull’Unione europea:

L’avvocato generale afferma che le norme sui giocatori del vivaio possono determinare una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di altri Stati membri. È infatti noto che più un giocatore è giovane, più è probabile che risieda nel suo luogo d’origine. Pertanto, sono necessariamente i giocatori di altri Stati membri a subire il pregiudizio delle disposizioni impugnate. Nonostante la neutralità della formulazione, le disposizioni impugnate pongono i giocatori locali in una posizione di vantaggio rispetto ai giocatori di altri Stati membri.”

Continua la Corte Ue:

Se un club di una lega nazionale importante potesse «comprare» fino alla metà dei giocatori del vivaio, verrebbe vanificato l’obiettivo di incentivare quel club a formare giovani giocatori. Di conseguenza, se da un lato l’avvocato generale ritiene giustificato l’obbligo di inserire nel relativo elenco un numero predefinito di giocatori del vivaio, dall’altro egli non vede la logica – dal punto di vista della formazione – di estendere la definizione di giocatore del vivaio a giocatori al di fuori di un determinato club, ma all’interno del relativo campionato nazionale.”

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