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«La sua mascella sul mio ginocchio, Strulli morì così e io non l’ho mai dimenticato»

Veltroni ricorda sul Corsera il primo morto italiano su un campo di calcio, 1965. Era il portiere dell’Ascoli di Mazzone. Parla il centravanti che lo colpì involontariamente

«La sua mascella sul mio ginocchio, Strulli morì così e io non l’ho mai dimenticato»

Roberto Strulli è morto a 26 anni su un campo di pallone, era il portiere dell’Ascoli in Serie C. Il 15 febbraio del 1965 morì dopo uno scontro fortuito di gioco con il centravanti della Sanbenedettese Alfiero Caposciutti. E’ stata il primo morto sul campo in Italia. Walter Veltroni ha intervistato per il Corriere della Sera Caposciutti, che oggi ha più di ottanta anni. E di quel giorno non ha dimenticato nulla. Il racconto di quel maledetto scontro di gioco è ancora da brividi: “Ho sentito un agghiacciante scricchiolio d’ossa. Strulli ha fatto un movimento, sull’erba, poi non si è più mosso, aveva gli occhi sbarrati, era in coma. I giocatori sono rimasti calmi, il pubblico in silenzio: il fallo era parso a tutti chiaramente involontario”.

Veltroni racconta che Caposciutti era rotolato a terra, si era subito alzato gridando: “Arbitro, l’ho colpito, l’ho colpito io” ed era in pina crisi di nervi.

“Ricordo che quel giorno a centrocampo, prima del fischio d’inizio, parlavo con Roberto Strulli. Ci dicemmo che a fine partita saremmo scappati subito. Io dovevo tornare con mio padre in Toscana e lui doveva correre da sua moglie, che aspettava un bambino. Non c’era antagonismo tra le persone. Noi alla fine del primo tempo eravamo già sul 2-0. Sul finire ci fu una punizione dal limite a nostro favore. Strulli parò il tiro ma il pallone gli sfuggì e carambolò all’altezza del dischetto del rigore. Ci siamo avventati contemporaneamente su quella palla, lui per farla sua, io per segnare il terzo gol. Quando ho capito che lui stava per arrivarmi addosso ho cercato di fermarmi. Ma lui, per sfortuna, mise una mano all’esterno delle mie gambe e una all’interno. Sbatté la mascella sul mio ginocchio piegato e perse i sensi subito. Io fui scioccato, non posso dimenticarlo. All’inizio del secondo tempo l’altoparlante disse che Strulli si era rimesso e che sarebbe arrivato allo stadio a fine partita. Fu una bugia, detta per allentare la tensione ed evitare che ci fossero scontri. Quando l’arbitrò decretò la fine dell’incontro io rientrai negli spogliatoi e chiesi subito di Strulli. Mi dissero che non era tornato e allora andai subito all’ospedale”.

“Quando arrivai all’ospedale sentii il medico della Samb dire di avvisare i familiari di Strulli, che non si sarebbe più ripreso. Nella notte arrivò, superando le intemperie di un viaggio difficile, un professore da Roma che disse la stessa cosa. Il mio allenatore mi impose di andare via, di tornare a casa. La mattina alle sei telefonai all’ospedale e mi dissero che Roberto era morto. Per me fu una coltellata”.

Caposciutti dice che anni dopo trovò il coraggio di cercare la famiglia di Strulli. “Mi aspettavano sulla soglia la moglie e il figlio che mi abbracciarono, prima lei e poi lui. Mi dissero le parole che mi hanno tolto definitivamente un peso dal cuore, un peso enorme: non abbiamo mai pensato che tu fossi responsabile di quello che è successo”.

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