Reina: «Maradona a Napoli è Dio, è una forma di religione»

Intervista a La Nacion: «Ho avuto la fortuna di vederlo ma davanti a lui non riuscii a parlare. Ho una grande ammirazione per Bilardo»

Reina

Foto Ssc Napoli

Pepe Reina intervistato dal quotidiano argentino La Nacion. Reina parla, ovviamente, anche di Maradona.

Solo tre calciatori hanno giocato a Barcellona e a Napoli: Laurent Blanc, tu e Maradona.

Diego… Diego per i napoletani è Dio, è una forma di religione. Ho avuto la fortuna di vederlo, di avere a che fare con lui, di condividere e di sentire cosa significasse davvero essere una persona influente in una città, intendo una comunità. Diego era un dio per Napoli, e lo sarà sempre.

– Cosa conservi delle occasioni in cui hai incrociato e parlato con Maradona?

Reina: Ammirazione, ammirazione… Non potevo andare molto più a fondo perché giuro che il tuo corpo era paralizzato quando lo vedevi, quando lo avevi davanti a te. L’ammirazione era così grande che alla fine le parole non uscirono. Ho molta ammirazione e rispetto, soprattutto con il calciatore Maradona.

Hai avuto più di 20 colleghi argentini nella tua carriera. Da Bonano e Saviola a Barcellona, a Palermo, Battaglia, Gonzalo Rodríguez e Sorin a Villarreal; da Maxi Rodríguez a Liverpool a Joaquín Correa nella Lazio. E molti altri. Cosa ti ha lasciato quel legame con così tanti argentini?

Il mio amore per Bilardo. È un personaggio, sì, è un’eminenza, ho visto molti video di lui, molti aneddoti raccontati da diversi colleghi. È una persona affettuosa, è una persona con cui mi identifico anche per il suo modo di intendere il calcio. Per il suo modo di essere così competitivo. E dei miei compagni di squadra argentini… hanno uno spirito competitivo  incredibile, è sempre molto positivo averli in uno spogliatoio.

Hai conosciuto Bilardo di persona?

No, non ho avuto questa fortuna.

– Chi ti ha detto tanto di lui, magari Riquelme o Arruabarrena nello spogliatoio del Villarreal?

Beh, guarda… quasi tutto quello che so di Bilardo me lo ha detto José Mauri già quando ero al Milan. José era un grandissimo ammiratore di Carlos e mi ha immerso in quel mondo, di video, aneddoti, lezioni di calcio … E oggi consumo molti video, pagine web che parlano di Carlos e oltre a imparare, mi lascia sempre un sorriso.

I Mondiali. La Spagna li vinse nel 2010. 

Penso che siamo entrati nella storia non solo per aver vinto, ma per averlo fatto giocando in un modo molto particolare, rispettando molto la filosofia del bel gioco, del possesso palla, del tentativo di creare una scuola che durasse per anni. Penso che una filosofia simile resista ancora oggi.

I favoriti per il Mondiale.

Ho quattro favorite: Brasile, Argentina, Spagna e Francia. Poi, lo sappiamo, in un Mondiale basta sbagliare una partita e sei fuori.

Perché l’Argentina? Per Messi?

Beh, avere Messi… pfff, si sta preparando molto, molto bene per questo Mondiale, è in un magnifico stato di forma. Ma al di là di Messi, è la squadra: hanno giocato trenta partite senza mai perdere, hanno trovato un’idea abbastanza chiara del gioco e si può dire che hanno molta fiducia in quello che fanno. Anche il Brasile. E in Spagna, anche se non hanno giocatori così brillanti come prima, vanno a morire per il loro allenatore… E la Francia, se si guardano i nomi della Francia, hanno tantissimi giocatori. 

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