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Salvatores: «Quando mi misi con la sua ex moglie, Abatantuono disse a sua figlia che ero un frocio»

Al CorSera: «La sera che si giocava Bayern-Inter eravamo sul set. Diego era l’unico ad avere la radiolina e continuava a dire che il risultato era zero a zero».

Salvatores: «Quando mi misi con la sua ex moglie, Abatantuono disse a sua figlia che ero un frocio»

Il Corriere della Sera intervista Gabriele Salvatores. Ha 71 anni, è nato a Napoli. Ha al suo attivo due David di
Donatello, quattro Nastri d’Argento, un Globo d’oro e un Oscar, con Mediterraneo. Alla premiazione fece un discorso brevissimo: 27 secondi in tutto. Spiega perché.

«C’erano due problemi. Il primo è che non so l’inglese; il secondo che non pensavo di vincere. Il favorito era Lanterne Rosse di Zhang Yimou, e anche io ero convinto che lo avrebbero premiato. È un film bellissimo, ancora adesso non capisco come sia possibile che abbia vinto io».

Gli chiedono cosa ricordi di quella sera.

«Diversi momenti, come la faccia di Warren Beatty in prima fila che mi fissava e l’incontro con Zhang Yimou in bagno. Io sono con l’Oscar in mano perché te lo consegnano senza nemmeno una scatola, lui sta sommessamente piangendo; ne è nato un dialogo dove io quasi mi scusavo e lui non capiva; poi lui ha guardato l’Oscar e mi ha detto qualcosa che per fortuna non ho capito».

Nel backstage ci fu anche l’abbraccio con Diego Abatantuono, uno dei protagonisti del film.

«Io ormai ero già fidanzato con la sua ex moglie, Rita. Lo raggiungo in una saletta con l’Oscar quando vediamo una porta che si apre e una donna che corre inseguita dalla security; è Rita e io e Diego urliamo insieme: no, no, lasciate passare, è mia moglie, è nostra moglie…».

Racconta il suo rapporto con Napoli:

«Napoli mi ha insegnato la sua grande verità, saper ridere delle disgrazie, la capacità di unire tragedia e commedia che ha alimentato il mio modo di essere e il mio cinema. Un’altra lezione è quel senso molto greco, antico, di aspettare la fortuna, di affidarsi a quel che succede: quel che sarà, sarà».

Parla dei genitori.

«Mio padre — avvocato napoletano, crociano, formazione super classica e democratica —, voleva che facessi Legge. Quando gli ho detto che volevo dedicarmi al teatro è stato zitto per una giornata, poi la sera mi disse: la vita è la tua, se vuoi fare l’idraulico fallo, ma cerca di essere il miglior idraulico del quartiere. Vincere l’Oscar è stato come prendersi la laurea; la prima telefonata la feci ai miei genitori. Lui non mi ha mai costretto a fare nulla, quando qualcosa non gli andava applicava un dissenso ironico. Sembra incredibile a vedermi adesso ma da ragazzo avevo i capelli lunghi fino alle spalle, lui mi ammoniva: quando camminiamo insieme per strada per favore vai sull’altro marciapiede».

Sua madre, invece, tifava per lui.

«Faceva un sotterraneo e continuo tifo per le mie scelte. Nei miei primi anni a teatro batteva a macchina inostri copioni, cuciva i costumi, invitava a casa Silvio Orlando che allora non aveva una lira e mangiava spesso da noi. Era una casalinga con tre figli, faceva un lavoro fondamentale che non viene retribuito, ha tenuto insieme la famiglia, era il collante».

Con Abatantuono ha girato anche «Marrakech Express».

«Una sera si giocava Bayern Monaco-Inter di Coppa Uefa, quella del famoso gol di Berti che si fa tutto il campo (Salvatores è interista, ndr). Diego era l’unico che aveva la radiolina e continuava a dire che eravamo zero a zero».

Continua:

«Abatantuono è più di un amico, è un parente. Questo ricordo sintetizza più di ogni altro il nostro rapporto. Una volta, eravamo a Lucca, e portavo a scuola Marta— sua figlia, avuta da Rita l’ex moglie diventata mia compagna — che andava in prima elementare. Scendevamo dai tornanti, lei era assorta. Dopo un paio di curve mi fa: “Gabriele, che cosa vuol dire frocio?”. No, guarda, allora, ti spiego: frocio è una parolaccia, è un insulto. Tu puoi dire gay, omosessuale… Si tratta di uomini a cui piacciono altri uomini, è amore ed è rispettabile. Altri tre tornanti e Marta: “Gabriele, ma a te la mamma piace?”. E certo che mi piace, mi piace molto, ci sto insieme. “E allora perché papà dice che sei frocio?”».

Che attore è Abatantuono?

«Se lo metti in mezzo a dieci persone, tutti istintivamente guarderanno lui. Ha un talento enorme che non coltiva. Un po’ per una sua naturale pigrizia, un po’ perché è stato bollato come il terrunciello dei film. Ha presenza, carisma, sarebbe un meraviglioso Re Lear».

Un altro che non ha sfruttato fino in fondo il suo talento, dice, è Paolo Rossi.

«Tra noi nacque subito una grande simpatia, una sintonia immediata grazie a Comedians, il testo di Trevor Griffiths, un autore trozkista che ancora oggi mi scrive Caro compagno…. Ma senza divagare, Paolo Rossi se non avesse quel demone autodistruttivo che lo perseguita sarebbe diventato come Gaber, come Jannacci, ha una stoffa speciale, da attore e poeta».

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