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Paltrinieri: «Le leggende dello sport non mi sembrano più su un altro pianeta. Phelps non è più un modello»

A La Stampa: «Le nuove generazioni sono disinvolte. È girata l’aria: ora sono tutti svegli, si gioca, si scherza. Noi ci insultiamo ogni giorno perché ci piace così»

Paltrinieri: «Le leggende dello sport non mi sembrano più su un altro pianeta. Phelps non è più un modello»
2022 archivio Image / Sport / Mondiali di Nuoto / Gregorio Paltrinieri / foto Imago/Image Sport

Ieri c’è stata l’ennesima impresa di Gregorio Paltrinieri, che ha vinto la 10 chilometri, la classica gara di fondo, davanti all’altro italiano Domenico Acerenza. Oggi La Stampa lo intervista. Racconta le emozioni all’arrivo:

«Stavo godendo e sapevo pure di avere Mimmo (Acerenza) dietro, me lo sentivo sui piedi. Lo so riconoscere, è il mio migliore amico».

Con questo successo è diventato un campione che esce dal nuoto, si compara ai grandi dello sport?

«Adesso ci sta. Le leggende non mi sembrano più su un altro pianeta. Credo sempre molto in me e prestazioni del genere sono incredibili: fino a quattro anni fa non me lo potevo neanche immaginare. Per arrivare a quattro medaglie in un Mondiale ho imparato a essere lucido, consapevole».

Il suo allenatore la considera «un Kobe Bryant».

«Mi ci ritrovo, mi contraddistingue la determinazione che era anche la sua cifra, per questo lo chiamavano Black mamba. Ho sempre pensato di valere. Anche dopo un risultato sballato, io penso di essere il più forte del campo gara».

Come mai i suoi compagni di allenamento finiscono sempre sul podio con lei?

«Alziamo il livello della competizione a ogni nuotata. Non sono uno che si accontenta e non lo faccio neanche con gli altri. Noi ci insultiamo ogni giorno perché ci piace così: appena lo batto glielo rinfaccio, lo provoco, ci prendiamo pesantemente in giro, ma su qualsiasi dettaglio: chi mette più gambe, più braccia…».

Si definisce un nuotatore diverso.

«Non mi piace quando mi dicono che cosa devo fare. Pretendo libertà e il mio attuale tecnico, Fabrizio Antonelli, me la dà. Parliamo, se sono stanco inventa una soluzione, se sono stufo cambia copione, se mi sento giù, mi motiva. Qui, tre giorni prima delle gare stavo ancora un cesso e lui mi ha detto “fidati e sappi che se gli 800 vanno male poi sei così pronto che ti risollevi”».

La Nazionale di oggi è diversa da quella di ieri:

«In nazionale, prima ognuno gareggiava per sé, oggi si trae forza l’uno dall’altro e succede perché le nuove generazioni sono disinvolte».

Lei non lo era?

«Noi siamo stati indottrinati con il mito Phelps: sempre solo, con i cuffioni in testa, serio. Essere straordinari era sinonimo di quel modo di porsi. Oggi vedete come arriva Ceccon ai blocchi? Sciallo, la prende per quello che è ed è una freschezza di cui avevo bisogno».

Archiviato Phelps?

«Le imprese no, l’atteggiamento alla Phelps non esiste più. Non mi è mai appartenuto, ma capivo che le cose venivano prese con una certa gravità e ti veniva chiesto di fare lo stesso. È girata l’aria: ora sono tutti svegli, si gioca, si scherza».

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