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La Gazzetta e lo straziante addio di Dybala: nemmeno lo speaker ha pronunciato mai il suo nome 

La Juve ha organizzato la festa solo per Chiellini dopo aver sbattuto la porta in faccia all’argentino. Solo pubblico e compagni gli tributano il giusto onore

La Gazzetta e lo straziante addio di Dybala: nemmeno lo speaker ha pronunciato mai il suo nome 
Db Torino 16/05/2022 - campionato di calcio serie A / Juventus-Lazio / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Paulo Dybala

Ieri lo Stadium ha salutato l’ultima partita di Giorgio Chiellini e Paulo Dybala, ma per l’argentino non ci sono state passerelle come per il capitano. La Gazzetta dello Sport gli dedica un pezzo. Dybala ha chiuso il match contro la Lazio in lacrime.

“Lo stadio è semivuoto, la festa è finita da un pezzo ma c’è un ragazzo con gli occhi gonfi e il volto stravolto dalle lacrime che non vuole andare via. Paulo Dybala è seduto in mezzo al campo, scalzo e con la nuova dieci ancora addosso. Indossa la maglia della prossima stagione, quella che non sarà mai sua, ma lui non si rassegna all’idea di andare via”.

Ogni volta che Dybala ripenserà allo Stadium “una fitta gli trafiggerà il cuore”.

“conosce ogni angolo del campo dello Stadium, ha respirato ogni centimetro degli spogliatoi. Avrebbe voluto restare alla Juve per sempre, ma quel per sempre era solo nelle sue fantasie e non in quelle di una società che dopo averlo illuso con una proposta di rinnovo lo ha scaricato, dicendogli che non faceva più parte del progetto”.

La sua storia alla Juve finisce dopo 7 anni e 115 gol “spazzati via in un istante”.

“C’era una sola festa programmata secondo i piani del club bianconero, quella per l’addio di Giorgio Chiellini. Il nome di Dybala non è mai stato pronunciato dallo speaker, però ai sentimenti non si comanda e ci hanno pensato pubblico e compagni a rendere il meritato tributo alla Joya. Dybala è uscito con la fascia di capitano al braccio, quella che sognava di indossare prima che la Juventus gli sbattesse in faccia che lo Stadium non sarà più casa sua. Si fa fatica a ricordare un giocatore così amato che se ne va non per scelta sua ma perché lo ha deciso il club”.

“È rimasto in mezzo al campo, solo e inconsolabile, e si è coperto il volto con la dieci come fanno i bambini. Il pianto si è trasformato in singhiozzi, contagiando tutto lo Stadium. Lui non voleva andare via e il pubblico, che è sempre il giudice sovrano, lo ha capito, prendendosela con chi ha deciso di non rinnovargli il contatto: bordate di fischi per Andrea Agnelli ogni volta che veniva inquadrato, contestati anche Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene”.

 

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