«Se non ci organizziamo, vincerà tutto. Che senso ha prendere quindici minuti di vantaggio?», si rammarica Champion.

Il Giro d’Italia è giunto alla nona tappa. Oggi la carovana di ciclisti arriva a Napoli non senza qualche polemica che riguarda il leader indiscusso del Giro, nonché favorito alla vittoria finale, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha la maglia rosa dalla seconda tappa e da quel momento non l’ha più mollata. Ma non è tanto quello a far storcere il naso ai ciclisti delle altre squadre. Piuttosto la fame di vittoria che lo ha portato a tentare di vincere in tutte le tappe fin qui disputate.
Prima la vittoria di Oropa, poi a Perugia e a Prati di Tivo (arrivo in salita). Tappe che, a parte Oropa, avevano altri corridori come favoriti alla vittoria di tappa. La polemica viene sottolineata anche da L’Equipe che riporta le parole di alcuni ciclisti contrariati anche per come il team degli Emirati Arabia, l’UAE Team Emirates, ha costruito la squadra.
Polemica al Giro d’Italia: Pogacar ammazza la competizione
L’Equipe richiama la polemica:
“Aspettando il gruppo davanti ad una spremuta e un caffè espresso, lungo la strada, a Montereale, cosa chiedono le brave persone? Che la squadre degli Emirati Arabi Uniti diano ad altri l’opportunità di sognare una vittoria di tappa. Perché sabato è stato ancora uno dei suoi componenti, e ancora Tadej Pogacar, ad arrivare in cima prima di tutti in questa ottava tappa di folle bellezza, su una strada dall’asfalto perfetto e disegnata in un bosco di pini dal verde incandescente.
Nel Giro il gruppo oscilla tra la rassegnazione e l’autocritica. Thomas Champion, 30° a 7’17”, è impotente: «Che senso ha prendere quindici minuti di vantaggio? Non capisco. Gli Emirati Arabi Uniti sono un altro mondo, non possiamo fare nulla. Ci sono i quindici migliori outsider che corrono a tutta velocità davanti e hanno controllato insieme per tutta la giornata. Due in fondo al gruppo!»”. «Se non ci organizziamo, Pogacar vincerà tutto perché restando nel gruppo non possiamo batterlo». Troppo forte, troppo facile, al punto da iniziare a infastidire il gruppo? «Uccide la suspense ed è un po’ doloroso», si rammarica Champion.
Mauro Gianetti, direttore generale degli Emirati Arabi Uniti, ha giurato che non è così e che «un gruppo del genere avrebbe dovuto prendersi quattro o cinque minuti facili. Non volevamo dare il massimo per vincere la tappa, ma quando Mikkel Bjerg ha detto a Tadej “dai, stiamo bene, abbiamo una buona squadra, andiamo a vincere”. Lo hanno riscaldato e lui ha detto “ok” (ride). L’attacco non veniva da lui ma dai suoi compagni di squadra». Cosa che l’interessato ha successivamente confermato.
«Ma corro per la squadra che mi paga e per i corridori che sono al mio fianco. Lavorano duro tutto l’anno per preparare il Giro, per vincere una tappa come questa. Se non vinci, il duro lavoro non paga». E siccome scherza, ha ricordato che da Torino si sono disputate otto tappe e «ce ne sono state quindi altre cinque che non abbiamo vinto».