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La profondità di pensiero era parte del fascino di Sofia Goggia

La frase sugli omosessuali e il tweet diciamo di scuse sono un brutto colpo all’immagine di una fuoriclasse che non ha mai nascosto le proprie inquietudini e che ha rotto il tabù della psichiatria nello sport

La profondità di pensiero era parte del fascino di Sofia Goggia
2020 archivio Image / Sport / Sci / Sofia Goggia / foto Imago/Image Sport

Sofia Goggia è una fuoriclasse dello sci, su questo siamo tutti più o meno d’accordo. Il suo fascino, però, non era legato esclusivamente alle sue performance. Qualche settimana fa, ai tempi della polemica attizzata in modo infantile da Maria Rosa Quario, Aldo Cazzullo spiegò bene la differenza tra Federica Brignone (figlia di Quario) e la sciatrice bergamasca. Sofia Goggia ha sempre avuto la capacità di far appassionare allo sci e al suo personaggio persone che magari lo sci non lo hanno mai seguito se non distrattamente. Un po’ come accadde per Tomba. Insomma il personaggio trascende il campione. Aggiungiamo che parte del fascino di Sofia Goggia era nella profondità di pensiero e stati d’animo che lei lasciava immaginare, di cui peraltro parlava spesso. Una campionessa che combatteva contro le rivali, contro il cronometro e anche contro i propri demoni. Goggia ha sempre offerto l’immagine di una donna sofferta, tormentata e al tempo stessa curiosa, eclettica, attenta alla lettura. La sua stessa spericolatezza appariva in stretta correlazione con la sua inquietudine. Il suo fascino non è legato soltanto alle vittorie sugli sci.

Ora è vero che una sciatrice non è una filosofa. Né deve essere un faro etico e culturale. Però è questo il motivo per cui è innegabile la delusione per quel che è accaduto ieri. La frase sugli omosessuali nell’intervista al Corriere della Sera, e soprattutto il tweet diciamo di scuse giunto nel tardo pomeriggio che francamente non chiarisce proprio nulla. Anzi sembra un voler tenere il punto. O quantomeno evidenzia che la sciatrice ha compreso ben poco di quel che ha detto e, di conseguenze, degli effetti.

È francamente triste dover prendere atto che una donna di trent’anni, portabandiera dell’Italia, consideri gli omosessuali alla strega di femminucce che se la farebbero sotto prima di affrontare la Streif. Un’immagine che si mangia il personaggio fin qui mostrato. Una donna che aveva rotto il tabù della psichiatria dello sport, che non aveva avuto paura di rivelare le proprie debolezze. È stato triste leggere il tweet della medaglia d’oro olimpica. Così come i commenti di tante persone che sventolano la bandiera della superficialità prima ancora dell’omofobia. Ma quelli ce li aspettavamo.

En passant, ricordiamo a Sofia Goggia che uno dei più grandi tuffatori della storia – Greg Louganis – era omosessuale, e non se la faceva addosso prima di tuffarsi dalla piattaforma di dieci metri. E la frase della sciatrice italiana rende ancor più evidente perché nello sport i coming out siano così pochi.

Lo sport non è solo cronometro. Non può essere soltanto prestazione agonistica. Almeno non per noi. È innegabile che da ieri Sofia Goggia non sia più la stessa. Resta una fuoriclasse dello sci, ci mancherebbe, ma il suo fascino comincia e finisce sulla neve. Ed è un peccato. La ritroviamo difesa da Mario Adinolfi che su Twitter parla di testosteronica virilità. Giusto così, Sofia. È la punizione che meriti.

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