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Cerezo: «Boskov non si arrabbiava mai, nemmeno col mio cane Pippo Baudo»

Al Secolo XIX: «Ho rivisto i miei ex compagni e li ho trovati un po’ ciccioni. Chiamai il mio cane Baudo, perché era dappertutto, come Pippo»

Cerezo: «Boskov non si arrabbiava mai, nemmeno col mio cane Pippo Baudo»
1983 archivio Storico Image Sport / Roma / Tonino Cerezo / foto Aic/Image Sport

Sabato alle 18 si gioca Sampdoria-Genoa, il derby della Lanterna. Per l’occasione, Il Secolo XIX intervista Toninho Cerezo, ex centrocampista della Samp. Parla dell’importanza del derby per la città di Genova.

«Roma è grande, in città ci sono più romanisti, in periferia più laziali. A Genova è diverso: il derby si gioca in ogni quartiere, genoani e sampdoriani sono ovunque, è la partita dei bar, dei ristoranti, dei locali, se ne parla sempre. E devi fare solo una cosa: vincere, perché poi ti rompono le scatole. Se perdi con Juve o Inter ci sta. Ma il derby no».

Cerezo è tornato a Genova da poco.

«Sì, ero alla cena da Carmine con gli ex della Samp. Come li ho visti? Un po’ ciccioni ma bene, io invece sono sempre magro, è il mio fisico».

Otto ani fa moriva Boskov, lo ricorda.

«Mai visto un allenatore guidare la squadra con la sua tranquillità, era incredibile. Non l’ho mai visto litigare, aveva sempre la parola giusta al momento giusto, era impossibile incavolarsi davvero con lui, gestiva tutto con il sorriso, le battute, era furbo, intelligente. Diceva: i Vialli, Mancini, Cerezo, credono che comandano. Ma comando io… Non lo dico perché ho vinto con lui, ma era bravissimo nel tenere tutti uniti senza urlare. Non era facile gestire ragazzi di personalità come Vialli, Mancini, Vierchowod, Dossena che volevano sempre vincere anche se poi eravamo e siamo grandi amici, facevamo anche le vacanze insieme, si litigava e si faceva subito pace, abitavamo tutti vicino. Il più rompipalle era Vierchowod, ma meglio averlo nella mia squadra. Quanto picchiavano lui e Invernizzi».

E tra i genoani non c’era qualcuno che menava?

«Non ne ricordo uno in particolare ma con loro giocavo due volte all’anno. Invernizzi mi menava prima quando era nel Como e poi tutti i giorni in allenamento… ma era ed è un grande».

Boskov non si arrabbiava neanche per i suoi cani che portava al Mugnaini?

«No, non si arrabbiava sul serio. Ne avevo soprattutto uno, un bovaro delle Fiandre, che a fine allenamento entrava in campo, era bravo con la palla, si chiamava Baudo. All’epoca Pippo Baudo era ovunque, giravi canale in tv e lo trovavi sempre. Il mio cane era così: lo trovavi in ogni parte della casa. E così lo chiamammo Baudo».

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