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Nei momenti decisivi Elmas c’è sempre

È espressione della modernità, non lo imbrigli in un’ideologia né in una posizione definita. Capisce il momento, lo fiuta. E in quel momento graffia

Nei momenti decisivi Elmas c’è sempre
Db Napoli 12/02/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Inter / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Eljif Elmas

Quando arrivò a Napoli dal Fenerbahçe l’allora allenatore del Napoli Ancelotti disse che Elijf Elmas assomigliava a Marek Hamsik, che era andato via pochi mesi prima. Marek era ancora il miglior marcatore azzurro di tutti i tempi, Mertens non l’aveva superato. Insomma era un biglietto da visita che definire di tutto rispetto è riduttivo. Con un’avventata metafora cinematografica – che speriamo non infastidisca nessuno – potremmo dire che in termini di considerazione pubblica Hamsik a Napoli era all’epoca il Toni Servillo del pallone. Ecco: immaginate che un regista (un regista importante come Ancelotti) paragoni un giovanissimo attore macedone, al primo film importante, a Toni Servillo. Non è mica scontato.

A questo biglietto da visita pesante poi in verità era seguita qualche breve e incolore comparsa. Qualche acuto, un po’ di fumo, ma non abbastanza sostanza. Va detto che nella gestione Gattuso – che sarebbe cominciata di lì a pochi mesi – Elmas il campo l’ha visto poco, pochissimo. Probabilmente perché s’integrava poco con gli schemi piuttosto rigidi dell’ex mediano calabrese. Il macedone, tornando al cinema, non è un attore caratterista. Di quelli che possono fare – bene, benissimo, eccezionalmente – solo una parte, sempre quella. No. È uno che ha un talento da costruire, da modellare, ma anche da lasciar libero di esprimersi, di sollazzarsi.

Per sua fortuna a Napoli hanno cambiato film. Il produttore, De Laurentiis, s’è arrabbiato. E quindi ora ne ha finanziato un altro. Il regista, manco a dirlo, è diverso. Si chiama Luciano Spalletti e in Elmas ha visto subito qualcosa di speciale. Il ragazzo non s’è lasciato pregare: fin da subito ha chiarito che voleva smetterla con le comparse. E che voleva un ruolo vero, serio, da protagonista. L’ha chiarito coi fatti. Fin da subito, sì. Fin dal ventidue di agosto, quando si giocava Napoli-Venezia. L’inizio di un film è importante: se annoia, magari si cambia canale. Lui ha iniziato col botto, con un gol pesantissimo, che ha chiuso una partita che poteva assumere i tratti del dramma. Un gol che ha indirizzato la stagione, che ha detto subito che Napoli sarebbe stato. Elmas – dopo essere subentrato a Zielinski – lo segnò raccogliendo con efficacia un pallone che Insigne e Lozano avevano fatto capitare in area di rigore. Col sette sulle spalle e una chioma fluenta al punto che a qualcuno ricordò un altro attore, quello sì, che nel film del Napoli è stato protagonista per davvero.

Da quel momento, da quel buon inizio, la stagione di Elmas è stata una stagione di tante cose importanti. Ha raccolto più gettoni di tutti in Serie A: condivide il primato con tre portieri – Rui Patricio, Sirigu e Vicario – e col suo compagno Di Lorenzo. Insomma, altro che comparsa: ha giocato tutte le partite. Con un minutaggio importante. E anche quando è sembrato assente, poco incisivo, fuori dall’incontro, poi è riuscito a lasciare il segno. Su questo – forse sì – una cosa in comune con Hamsik ce l’ha: capisce il momento, lo fiuta. E in quel momento graffia. In tanti frangenti clou della stagione, quest’anno, c’è il suo zampino. È una novità grossa come una casa.

Elmas ha segnato gol pesantissimi, su tutti quello che ha deciso il match col Milan a San Siro, che vale più di tre punti. Ma più di tre punti è valsa anche la doppietta che ha steso il Leicester e portato il Napoli avanti nella competizione europea. In Europa League altri due gol, ma pure l’assist – anche se non ci sarà sugli almanacchi – per il gol dell’illusione di Zielinski al Camp Nou, servito dopo aver saltato secco un certo Jordi Alba con un gioco di gambe.

Il nuovo Elmas, a ventidue anni, è nato. Ora lo possiamo dire con certezza, visto che ieri, quando ha stravolto la partita con la Lazio sostituendo ancora un opaco Zielinski, se ne sono accorti proprio tutti. Era arrivato con la nomea di un diamante da sgrezzare. Spalletti lo sta sgrezzando con cura. Attenzione: lo sta sgrezzando, non lo sta stravolgendo. Perché la sua forza – la sua capacità di ritagliarsi un ruolo da protagonista – sta proprio nel suo essere un attore non-caratterista. Tutto fuorché caratterista. Per qualcuno (ma quel qualcuno evidentemente non segue le evoluzioni del calcio moderno) è un limite. In realtà, è una grande ricchezza. Il macedone è espressione della modernità, non lo imbrigli in un’ideologia né in una posizione definita. È un battitore libero, un professionista del caos. Il suo caos, però, è un caos creativo. Un caos che finalmente il Napoli può iniziare a godersi. E che può riservare sorprese eccezionali per il futuro.

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