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Ibrahimovic conferma il Napolista: «Gattuso non mi riteneva adatto al suo 4-3-3, così saltò il Napoli»

La Gazzetta pubblica uno stralcio del suo libro: «Era tutto fatto, avevo trovato casa anche se volevo vivere in barca. Ancelotti mi aveva spiegato come giocare. Poi De Laurentiis lo licenziò e Gattuso non si fece sentire»

Ibrahimovic conferma il Napolista: «Gattuso non mi riteneva adatto al suo 4-3-3, così saltò il Napoli»
Db Milano 18/12/2010 - campionato di calcio serie A / Milan-Roma / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Zlatan Ibrahimovic-Gennaro Gattuso

Era tutto fatto tra Ibrahimovic e il Napoli. Il calciatore svedese del Milan conferma quanto ripetutamente raccontato quasi due anni fa in esclusivae in solitudine – dal Napolista. Era tutto fatto tra il Napoli e Ibrahimovic. Ancelotti aveva portato lo svedese al Napoli. C’era l’accordo col club. Poi De Laurentiis esonerò Ancelotti e Gattuso – anche questo raccontato dal Napolista – non lo riteneva idoneo al suo 4-3-3.

La Gazzetta pubblica uno stralcio dell’ultimo libro di Ibrahimovic “Adrenalina” in cui lo svedese conferma tutto.

 

Qualche sera più tardi, sono a casa che sto guardando il documentario HBO su Diego Armando Maradona. A un certo punto passano le immagini di una vecchia partita del Napoli e inquadrano il pubblico del San Paolo. Lo stadio è pieno zeppo. Il regista stringe l’immagine sulla curva più calda, i ragazzi sono accalcati uno sull’altro, cantano, urlano, pestano dei tamburi, si percepisce un’elettricità incredibile. Mi raddrizzo sul divano, osservo con attenzione e sento che l’adrenalina comincia a pompare, qui, nelle vene del collo. Tum, tum, tum…
Telefono subito a Mino: «Chiama il Napoli. Vado al Napoli».
«Il Napoli?»
«Sì, vado a giocare a Napoli.»
«Ma sei sicuro?» mi chiede lui, perplesso.
«Tu vuoi che io continui a giocare? La mia adrenalina sono i tifosi del Napoli. Vado là, a ogni partita porto allo stadio ottantamila persone e vinco lo scudetto come ai tempi di Diego. Con la vittoria del campionato italiano, li faccio impazzire tutti. Questa è la mia adrenalina.»
Parliamo con il club, trattiamo e troviamo l’accordo. Tutto fatto. Sono del Napoli.
L’allenatore è Carlo Ancelotti, che conosco bene, siamo stati insieme a Parigi. È felicissimo di ritrovarmi, ci sentiamo quasi tutti i giorni. Mi spiega come intende farmi giocare.
Non ho parlato con il presidente, Aurelio De Laurentiis, ma lo conoscevo già. È successo qualche anno prima, mentre ero in vacanza a Los Angeles con la mia famiglia. De Laurentiis aveva saputo che alloggiavamo nello stesso hotel e ci aveva lasciato un biglietto alla reception: «Questa sera siete invitati al ristorante». Allegata una nota con l’indirizzo. Non sembrava un invito, ma un ordine. «Andiamo» ha detto subito Helena. Abbiamo passato una serata molto piacevole.
Individuo una casa a Posillipo che potrebbe fare al caso mio, ma, visto che devo restare solo sei mesi e tutti mi ripetono che la città è abbastanza caotica, sto valutando anche la possibilità di vivere in barca.
Il giorno in cui devo firmare a Napoli, l’11 dicembre 2019, il presidente De Laurentiis caccia Ancelotti. A metà campionato.
Ho una brutta sensazione. È un cattivo segnale. Io di questo presidente non posso fidarmi. Non può dare stabilità a me e alla squadra uno così.
E poi so che Rino Gattuso, anche se è un amico, ha bisogno di un altro tipo di centravanti per il suo 4-3-3. Infatti, non si è fatto sentire. Salta tutto.

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