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Quando ascolto le lodi di Zielinski, mi sento come Massimo Troisi quando dice: «Enea è bello?»

Per qualcuno sarà un’avvelenata ma non possiamo parlare di talento. Stiamo inseguendo un calciatore di 27 anni i cui limiti sono ben evidenti

Quando ascolto le lodi di Zielinski, mi sento come Massimo Troisi quando dice: «Enea è bello?»

Eccomi qui, sono quello che si lanciava in lodi sperticate a Jorginho ed alla sua grandezza calcistica ben prima che partissero le sue pubbliche lodi (anche su “Il Napolista”) ed i “detti/non detti” sulla possibilità che vinca il pallone d’oro, insomma quando ancora pensavamo che venderlo a 50 milioni di euro fosse stata una grande operazione di mercato in uscita, quasi come fosse il più classico dei “pacchi” rifilati in uno sperduto autogrill dell’autostrada del Sole.

Sì, sì. Come no.

Insomma, sono ancora io.

Ebbene, scrivo per liberarmi di un macigno, tra i più grandi che ho dovuto gestirmi calcisticamente in questi ultimi anni.

Mi capita spesso di provare le sensazioni, di assumere le posture corporali e le espressioni mimiche di Massimo Troisi nel film “Pensavo fosse amore invece era un calesse” quando lo portano a vedere il nuovo fidanzato della sua ex, Francesca Neri, e gli si palesa davanti quel grande (ma non me ne voglia, brutto) attore di Marco Messeri e lui rimane sgomento di fronte al fatto che, nonostante l’evidenza contraria, gli dicono tutti che è carino, che è affascinante.

Come stranito di fronte alla solitudine della verità: ma come …. quello è palesemente brutto, e voi mi dite che è bello (odierna declinazione dell’antico adagio: “ma comme … je vengo da ‘o muorto e vuje dite ca è vivo?”.

Mi capita spesso dicevo, anche rispetto a giudizi della moltitudine su alcuni calciatori.

Ecco, le volte in cui mi capita di sentirmi vicino a quel genio inarrivabile di Troisi, a quelle sue espressioni e mimiche di incredulità e stupore causate dal non sapere se gli altri gli dicano bugie, oppure non sappiano cogliere l’essenza del vero (il brutto al posto del bello) sono quelle in cui incappo nei giudizi su Zielinski.

Giudizi che, ammettetelo, sono sempre stati dapprima lusinghieri (il ragazzo ha talento e doti calcistiche fuori dal comune), poi attendisti (il ragazzo ha queste doti, ma è discontinuo perché giovane e quindi bisogna attenderlo) ed ora un po’ più vicini al vero (ma sarà così forte come ce lo eravamo prefigurati?).

Come al solito, per esprimere con un minimo di parvenza scientifica la mia opinione sono andato a ripassarmi il significato di talento: “disposizione naturale, attitudine a fare qualche cosa” (si legge nei più comuni dizionari di lingua italiana).

Cerchiamo, allora, di calarlo e declinarlo nel concreto questo concetto: e cioè prima al gioco del calcio, poi a Zielinski.

A qualsiasi osservatore attento delle partite di calcio, che abbia un un minimo di esperienza di questo sport (io l’ho praticato per 35 anni, e sono arrivato a farlo nei più alti livelli dilettantistici/pre-professionistici, per esempio: insomma, il mio non è un giudizio da 1 vale 1, tanto per scomodare espressioni tanto in voga ora che ci si è affidati ai “tecnici” come ancora di salvezza rispetto allo sfacelo) non può passare inosservato che le “disposizioni naturali, attitudini a fare qualche cosa” di Zielinski siano essenzialmente tre.

E si badi bene, tre che sarebbero pure di notevole livello:

1) il modo di trattare il pallone con entrambi i piedi con risultati quasi identici (è un destro naturale, tuttavia ambidestro di quelli della “migliore riuscita”, che in pratica riconosci quando il giocatore va a concludere con il piede non suo, dopo apposita finta, calciando in modo coordinato e violento: come lo era in tal senso Inler, per fare un esempio);

2) il primo controllo orientato che quasi sempre riesce (anzi: riuscirebbe, il condizionale è d’obbligo) a smarcarlo dalla prima pressione avversaria;

3) a cui segue (anzi: seguirebbe, il condizionale è sempre d’obbligo…..) un’accelerazione nei primi 15 metri in grado di poter lasciare sul posto l’avversario.

Del tiro da fuori non parlo (so già dove vorreste arrivare… ), perché del tiro da fuori dovrei/potrei parlare se i numeri fossero nel senso che l’interessato mi facesse vedere 7/8 gol all’anno con cui spacca le reti con tiri da almeno 20 metri, e non mi sembra che ciò sia avvenuto. Insomma, una dote del genere presuppone continuità di riuscita, e non è questo il caso. No?

Queste sopra elencate le doti, non comuni, che per intendersi il padreterno gli ha lasciato.

Ora, ciò premesso, sempre nell’attento osservatore calcistico dovrebbero tuttavia sorgere due domande spontanee:

  1. basta questo per fare di chi le ha un calciatore, uno sportivo di livello apprezzabile nel contesto in cui pratica lo sport che pratica?
  2. e se no, perché?

Le risposte, all’attento osservatore calcistico in discussione (se davvero lo è)  vengono spontanee.

1) No, non basta, perché il gioco del calcio si compone di così tante gesta che si richiedono al calciatore, nel caso di specie con il ruolo dell’interessato (esterno di un centrocampo a 3, quando viene “usato” lì; oppure esterno di un attacco a 3, quando viene “usato” lì; oppure sottopunta dei 3 dietro al centravanti, quando viene “usato” lì – non stiamo neanche a parlare di quando lo “usano” nei 2 di mezzo nel 4 2 3 1, perché in quel caso il ragazzo sembra quasi spaesato per quanto a mio avviso si muova non con i giusti sincronismi), che quelle sopra indicate come doti assurgono ben più specificamente a pre-condizioni.

Si badi bene, “pre-condizioni”, non doti (quelle, per intenderci, che dovrebbero qualificare un politico di livello, tipo “è una brava persona”: e ci mancherebbe pure che non lo fosse…)

Il che è a dire, in sostanza, che ci mancherebbe altro che uno a cui si richieda quel tipo di gioco a certi livelli (che si presumono alti: si dice o non si dice che la nostra rosa è forte? si vuole o non si vuole puntare a vincere lo scudetto e le altre 2 competizioni a cui si partecipa? si dice o non si dice che il ragazzo è fortissimo?) non avesse queste doti sopra indicate.

Se non le avesse, staremmo parlando di altro, staremmo perdendo tempo.

2) E qui ci si può agganciare alla seconda risposta (automatica/spontanea).

Sono doti che non bastano non solo perché pre-condizioni, ma anche e soprattutto perché  devono affiancarsi a tutt’altre caratteristiche e qualità che rendono (in modo minimamente apprezzabile) un giocatore in grado di incidere effettivamente nel collettivo di cui fa parte e nel superamento sportivo dell’avversario.

E qui arriviamo a ciò che davvero qualifica l’interessato.

Zielinski sembra quasi ciondolare svogliato in mezzo al campo mentre gli altri compagni di squadra in mezzo al campo buttano il sangue, ognuno a modo suo, per reggere lo sforzo che richiede la competizione (specie in sprazzi della partita in cui la pressione avversaria si fa sentire).

Zielinski, nelle giornate più buie, la metà delle volte che riceve il pallone invece di sfruttare ciò che ho sopra descritto ai punti 1) e 2) se lo fa rubare in anticipo, peraltro facendo spesso partire contropiede pericolosi perché in fase di transizione negativa (mentre stiamo impostando con metà squadra davanti alla linea del pallone, e l’altra metà poco dietro a questa).

E se lo fa rubare così perché nemmeno tenta di fare movimenti per ricevere il pallone faccia all’avversario (per lo meno di tre quarti) e nemmeno sembra usare la cosiddetta “periferica” (in sostanza: lo sguardo preventivo a destra e sinistra per vedere se, e quanti avversari,  nel frattempo lo stanno andando a chiudere) prima di farselo dare.

Zielinski non ruba un pallone ad un avversario nemmeno se interviene San Gennaro, e non l’ho mai visto vincere un contrasto rimanendo in piedi con il pallone, dopo aver sbattuto a terra l’avversario in ormai un quinquennio .

Zielinski non ha i tempi e la visione per dettare gioco corto (alla Jorginho, per intenderci).

Zielinski non ha la visione e i tempi per dettare gioco lungo, e cioè non ha tra le sue giocate né l’imbucata alta (alla Pirlo, per intenderci, e che Lui mi perdoni il paragone), né l’imbucata bassa (alla Rui Costa, per intenderci, e che anche Lui mi perdoni il paragone) sopra e dietro la linea difensiva avversaria per mettere il compagno a tu per tu con i portiere: insomma, non ha l’ultimo passaggio.

Zielinski non segna in media mai più di 5/6 gol all’anno.

Zielinski non prende un pallone di testa su rinvio dei nostri difensori (o di quelli avversari).

Zielinski non va mai a prendersi un fallo con malizia, per farci respirare quando siamo in difficoltà.

Potrei stare qui per ore a parlare di ciò che Zielinski non ha, ma non ne ho voglia, perché all’attento osservatore di calcio quanto già scritto basta.

Ed avanza.

Sebbene nessuno ne parli e nessuno ne scriva, e sebbene io debba quindi continuare ogni domenica a guardare ciò che guardo, con lo sguardo attonito, mentre tutti gli altri mi dicono quello che dicevano a Troisi del nuovo fidanzato della Neri.

Nel frattempo, però, sappiate due cose.

La prima è che il “ragazzo” ha ormai 27 anni e mezzo, e che farete tutti la fine degli estimatori di Balotelli, altri fenomeni da para-calcio che non si erano resi conto che non aveva nulla del grande calciatore che si pensava che fosse (un centravanti che non ha le caratteristiche del segnare di rapina, che non ha colpo di testa, che non pianta l’uomo per terra nell’uno contro uno, che non ha mai avuto nulla in grado di identificarlo come tale se non un grande calcio da fermo ed un’ottima tecnica di base – ma sui pre-requisiti mi sono già espresso prima): cioè sarà troppo tardi quando al giudizio sul talento (?) sprecato ci sarà da sostituire quello sulle qualità serie mai avute.

L’altra è che continuiamo a giocare ogni domenica con almeno “2 mancanti”: il solito Mario Rui e, appunto, Zielinski, e guardate che con “2 mancanti” prima o poi finisci dietro in classifica, molto più dietro di dove siamo (altrimenti, come direbbe Catalano, si giocherebbe in 9: o no?).

Vi abbraccio forte tutti.

Evviva Troisi, evviva la verità.

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