A Napoli-Juve mancava solo. il commento di Ezio Luzzi, la fotografia del declino. Il Napoli non è più un tram chiamato desiderio, ma almeno è un tram
Siamo al 476 d.C. del calcio italiano. A deporre l’ultima parabola non c’è Odoacre ma uno streaming video di attaccanti che incornano nella propria porta in gesti che solo film di David Lynch possono spiegare e estremi difensori il cui colpo di reni, in diretta, sembra un rallenty a 120 frame al secondo. Guardi Napoli Juventus e ti viene il dubbio di essere finito a seguire un antico documentario sul surrealismo. Tutto è senilità. Tutto pare una foto sbiadita. Persino il colore del campo di gioco.
Siamo in un declino deciso e accelerato, ma almeno sorridente ed affidato ad un uomo in panchina con il giusto sale in zucca per non negarlo e neppure morirci. Spalletti è l’uomo che ci farà vivere il collasso, conducendoci per mano tra gli stucchi dei palazzi che crollano, con il giusto senso di ironico distacco. Sorride e ti muove in una zona a metà strada tra realtà e finzione, dove ti senti intirizzito ma sereno, ti guardi in un crash test ma tutto sommato senza panico. Il riso al “siamo fortissimi” di Manolas basta a sé stesso eppure viene al termine di una gara, vinta in rimonta, il cui primo tempo sarebbe stato ben raccontato, per noi ormai attempati, della voce di Ezio Luzzi che cerca di intervenire mentre sui primi campi, da Parigi a Manchester, si giocano i derby.
Il nostro tecnico è un conservatore di alta classe, perché sa che nient’altro è possibile. Conserva gli equilibri nello spogliatoio. Conserva la gestione delle risorse. Conserva calciatori che potrebbero andare via. Lo fa perché, quando viene giù tutto, se conservi qualcosa puoi sperare in un invecchiamento, nella fermentazione che tramuti e eviti di avariare tutto nel tempo. Stasera, ad esempio, abbiamo segnato su una nuova specialità di Insigne, diremmo quasi una stagionatura del suo colpo forte – “il passaggio a giro al portiere” – che il numero uno avversario ha trattenuto con l’estro di Mr. Magoo (personaggio di un cartone animato per noi decadenti). Eppure intorno quasi nessuno pare accorgersi dei barbari alle porte. Un po’ perché – come a Roma nel quinto secolo – tutti sono convinti che il calcio sia immortale. Un altro po’ perché, se sei in caduta libera, tanto vale goderti il panorama prima dello schianto.
Io stasera sono felice. Di una felicità piccolina. Ma concordo col presidente, non la butto affatto via. Sono quelle felicità fatte molto più di ricordi di vecchie fotografie che di possibili margini di manovra per il futuro. Per rimanere nella metafora cinematografica cara al patrón, Napoli è un tram che non si chiama desiderio. Ma almeno è un tram. Meglio che a piedi.