A Repubblica: «Rivendico di essere stata un po’ invadente e prevaricatrice, è il solo modo per le donne di potersi fare avanti dove spesso sono considerate solo ornamento e mai competenza»
Repubblica intervista Paola Ferrari. Torna sulla sua decisione di lasciare la Rai dopo i Mondiali, come annunciato qualche settimana fa. Bisogna sapersi reinventare, dice e torna sulla questione Galeazzi, che in un’intervista al Corriere dello Sport, a inizio agosto, la definì “troppo invadente“.
«Che dolore queste parole. A me invece Giampiero manca. Però sì, sono stata un po’ invadente e prevaricatrice, e lo rivendico. È il solo modo delle donne di potersi fare avanti dove spesso siamo considerate solo ornamento, solo bellezza e mai competenza. E tante, evito i nomi, puntano sul vestito succinto, ammiccano, e di calcio non sanno nulla, facendo del male alla categoria. È un caso se non c’è mai stata una donna a dirigere un giornale sportivo o Raisport? Non mi candido, eh? Io sono fuori, ormai».
Le viene chiesto se ha mai avuto problemi di #MeToo in Rai. Risponde:
«Non sa quanti! Chi nega che in Rai certe cose esistano è un ipocrita. Tutti tentativi respinti con perdite. Il primo a Portobello, il debutto tv, Enzo Tortora mi difese a spada tratta. 1977, avevo 16-17 anni, ero una delle centraliniste. Facevamo 28 milioni di ascolti, Italia-Inghilterra ne ha fatti 20. Tortora aveva un senso etico: non ci fece mai mettere la scollatura. Ed era sempre prodigo di consigli. A me di tenere la schiena dritta e la testa alta e guardare sempre la gente negli occhi. In senso fisico e metaforico. Mai dimenticato».
Nessun rimpianto, a guardarsi indietro, e un grande orgoglio: la Domenica Sportiva. Ma se la Rai gliela riproponesse, dice che non tornerebbe indietro, tranne che in un caso.
«Non tornerei indietro. Anzi sì, ma a condizione di presentarla con Amadeus. Per anni a Radio Deejay parlavamo di calcio, siamo amicissimi, Ma direi che ha troppo da fare. O l’Edicola di Fiorello, il lunedì, con la rassegna stampa dei giornali sportivi».