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L’Italia scopre che Abraham non è un pacco (è bello pensare che esista solo quel che conosciamo)

Commenti estasiati e sorpresi come se l’ex Chelsea non fosse il colpo del calciomercato italiano. Per noi è già un affronto sostituire un 35 enne con uno di 23 anni

L’Italia scopre che Abraham non è un pacco (è bello pensare che esista solo quel che conosciamo)
Roma 22/08/2021 - campionato di calcio serie A / Roma-Fiorentina / foto Insidefoto/Image Sport nella foto: Tammy Abraham

Essere concentrati solo su di sé è meraviglioso. Ti regala sorprese che arrivi a considerare clamorose. Come se i terrapiattisti dovessero aprire un libro di Galileo. L’assunto è: quel che io non conosco, non esiste. Che è un principio base strepitoso, rinvigorisce l’autostima. “Capotavola è dove mi siedo io” ebbe a dire un fu leader della sinistra, peraltro romanista.

Succede così che la Roma quest’estate ha piazzato l’unico vero colpo di questo calciomercato italiano: ha acquistato Tammy Abraham dal Chelsea. Ventitré anni, a ottobre ventiquattro; è stato l’enfant prodige del Chelsea, il giovane attaccante che nei piani del club di Abramovich sarebbe dovuto diventare il centravanti del futuro (ma anche del presente). Quando Sarri lasciò i Blues, Lampard avrebbe voluto farne il centravanti titolare. Entrò nella Supercoppa europea persa ai rigori contro il Liverpool e mostrò subito le sue qualità.

Al primo anno da titolare al Chelsea – 2019-20 – segnò 15 reti in Premier senza rigori. Poi, non è andata come sia lui sia il club avevano sperato. Lampard è stato sostituito da Tuchel e per lui gli spazi si sono notevolmente ridotti. Ciò non toglie che resti una forza della natura, un calciatore che in Italia è destinato a fare la differenza. Innanzitutto perché è forte di suo. Atleticamente e tecnicamente. In secondo luogo perché il livello della nostra Serie A è bassino (eufemismo) e l’età media, invece, come ogni luogo decadente che si rispetti, molto alta.

Da noi Abraham per Dzeko è stato considerato quasi un passo indietro. Del resto, un 23 enne per un 35enne vuol dire andare contro le usanze della casa. Poi, succede che si gioca. E che Abraham fa semplicemente Abraham. Nulla di più, qualcosina di meno rispetto ai suoi standard. Mourinho ovviamente lo manda in campo, anche se l’ultima settimana l’aveva trascorsa in isolamento. Mourinho – che qualcosina di calcio sa – non sta lì a valutare quanto si sia integrato negli schemi. Sai giocare? Ok vai.

E contro la Fiorentina, Abraham in sequenza: fa espellere il portiere della Fiorentina; piazza Mkhitaryan davanti alla porta avversaria: attenzione, non è un semplice assist, è mezzo gol; colpisce una traversa e si ripete con Veretout offrendogli un pallone con su scritto “basta spingere”. Media estasiati, con il pensiero di fondo “ah ma allora non è un pacco”.

Scrive la Gazza: “gli americani almeno dopo questa partita possono aver la convinzione di non aver gettato il denaro”. Le fa eco Il Messaggero: “La sorpresa è Abraham. L’erede di Dzeko fa impazzire l’Olimpico” in attacco del pezzo che elogia Mourinho per aver fatto partire titolare l’inglese, come se avesse fatto un azzardo. Sul Corsport Giancarlo Dotto ci racconta quali fossero i timori della vigilia: “una risposta che consola chi temeva un fenicottero elegante ma, forse, timido, poco adatto alle marcature feroci e scaltre del calcio italiano”.

Esistiamo solo noi. È così bello.

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