Gabigol e Renato Portaluppi la strana coppia che sta rendendo grande il Flamengo
L’ex Inter è rinato al suo ritorno in Brasile. L’ex Roma ora ne è l’allenatore e ha vinto nove partite su dieci, dominando anche in Libertadores
Si sono concluse nella notte le gare di andata dei quarti di finale di Copa Libertadores che hanno visto impegnate ben cinque squadre brasiliane su otto, e potevano essere addirittura sei se l’Internacional non avesse perso ai rigori agli ottavi contro i paraguaiani dell’Olimpia Asuncion. Per la cronaca San Paolo e Palmeiras hanno pareggiato 1-1 nel derby tutto paulista, il Flamengo ha ipotecato la qualificazione alle semifinali superando per 4-1 in trasferta l’Olimpia Asuncion, l’Atletico Mineiro, capolista nel Brasileirão, ha confermato l’ottimo stato di forma andando a vincere per 1-0 a Buenos Aires contro il River Plate, mentre la Fluminense ha pareggiato 2-2 in casa contro gli ecuadoregni del Barcelona SC di Guayaquil.
Grande protagonista di queste prime quattro gare di Libertadores è stato il Flamengo che si riscatta alla grande dopo il clamoroso capitombolo interno di domenica scorsa contro l’Internacional, e molti meriti dell’eccezionale rendimento dei rubro-negro sono sicuramente ascrivibili all’allenatore Renato “Gaucho” Portaluppi che, al netto della summenzionata sconfitta interna di cinque giorni fa, da quando è subentrato in panchina al posto di Rogerio Ceni, ha letteralmente cambiato marcia al Mengão (esattamente come fece lo scorso anno lo stesso Ceni, che subentrato a sua volta in corso in luogo dello spagnolo Torrent e ha poi condotto il Flamengo alla vittoria del campionato in rimonta, proprio sull’Internacional).
Con quella ottenuta in Paraguay sono già nove le vittorie conquistate, tra campionato e coppe, nelle dieci gare della sua gestione; un ruolino di marcia davvero impressionante che pone la sua squadra nelle vesti di candidata alla vittoria finale sia in campionato (sarebbe il terzo titolo consecutivo, risultato finora riuscito soltanto una volta – al Corinthians – negli ultimi 50 anni) che in Copa Libertadores trofeo che l’allenatore brasiliano ha già conquistato nel 2017, quando sedeva sulla panchina del Gremio, diventando così l’unico brasiliano ad aver vinto la massima competizione sudamericana sia da calciatore che da allenatore (e, curiosamente, anche il titolo vinto da calciatore lo conquistò con la maglia del Gremio). Tra l’altro l’accoppiata Brasileirão-Libertadores è già riuscita al Flamengo nel 2019, quando in panchina sedeva il portoghese Jorge Jusus, centrando una “doppietta” storica che mancava ad una squadra brasiliana dal lontano 1963 ossia dai tempi del Santos di Pelè.
Altro protagonista indiscusso del Mengão è il centravanti Gabigol (autore di due reti, di cui una su rigore, e un assist nella gara contro l’Olimpia Asuncion) che, tornato in Brasile dopo la deludentissima esperienza all’Inter, ha vinto di tutto di più con la maglia rubro-negra, diventandone anche il leader assoluto nonostante la presenza in squadra di tantissimi calciatori di talento, esperienza e personalità come, ad esempio, Everton Ribeiro, trequartista/esterno alto di piede mancino, classe ’89, dotato di grandi qualità tecniche, l’ex trequartista juventino Diego, che negli anni ha sensibilmente arretrato il suo raggio d’azione giocando prima da intermedio di centrocampo e adesso addirittura da centrocampista centrale, l’esplosivo attaccante esterno Bruno Henrique (che nell’ultima gara di Libertadores ha fornito ben due assist…), classe 1990, capace di disimpegnarsi anche da seconda punta, il mediano Willian Arão (unico incontrista presente in squadra), il 33.enne esterno basso cileno Isla, che vanta una lunga esperienza in Europa e in Italia, nonché i difensori centrali Gustavo Henrique e Rodrigo Caio e il trequartista uruguaiano De Arrascaeta (autore del primo gol in Paraguay e altro calciatore dalla classe sopraffina…), che pur avendo, rispettivamente, solo tre e due anni più di Gabibol, sono tre calciatori dalla spiccata personalità.
A testimoniare la grande importanza di Gabigol per il Flamengo sono soprattutto i numeri: in 125 gare finora disputate, l’attaccante brasiliano classe ‘96 ha realizzato 92 reti (di cui 78 di sinistro, 9 di destro e 5 di testa, 5 da fuori area e ben 87 dall’interno dell’area di rigore – e di queste 22 su rigore – a dimostrazione della sua “centralità” nella manovra offensiva del Mengão) e ben 29 assist, dato quest’ultimo che conferma la grande maturazione raggiunta dal calciatore, che non è più quel ragazzino egoista visto fugacemente all’opera in Europa e che giocava quasi sempre a testa bassa, incurante del resto della squadra, bensì è diventato un centravanti completo, capace di mettersi anche al servizio degli altri.
Con molta probabilità la storia di Gabigol conferma la tesi di alcuni secondo cui i calciatori brasiliani, in particolar modo quelli più giovani, quando arrivano in Europa dovrebbero fare prima una tappa intermedia in un campionato “di seconda fascia”, al fine di favorirne l’ambientamento senza eccessive pressioni: si pensi, ad esempio, a Romario e Ronaldo, che prima di andare in Spagna al Barcellona sono ambedue passati in Olanda al PSV Eindhoven e lo stesso dicasi per Ronaldinho, che ha giocato prima in Francia al Paris Saint Germain (e il PSG di allora non era ancora lo squadrone di adesso). Ovviamente non esiste una ricetta valida per tutti e di eccezioni a questa tesi se ne trovano tante, tuttavia il fatto che tre dei più forti talenti brasiliani visti in Europa negli ultimi venti anni sono transitati per campionati “minori” prima di approdare in squadre e campionati top, non può essere soltanto un caso.
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