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Il sottosegretario Costa: «De Laurentiis? Lo incontro volentieri ma il 25% di spettatori è oggi il limite»

Intervista al sottosegretario alla Salute: «Capisco la sofferenza del calcio ma dobbiamo essere prudenti. La Uefa si prenda le sue responsabilità e non faccia scaricabarile»

Il sottosegretario Costa: «De Laurentiis? Lo incontro volentieri ma il 25% di spettatori è oggi il limite»

«Vaccinatevi, ma poi non rompetemi le scatole con il 25% della capienza. Chi l’ha detta questa cavolata? Il sottosegretario Costa? Gli sequestreremo le case per fargli dire le cose che dice, incide sulle tasche altrui».

Non sappiamo quante case abbia Andrea Costa, ma il tema della riapertura al pubblico degli stadi è troppo caro al sottosegretario alla Salute per lasciare che il dibattito prenda i toni usati da Aurelio De Laurentiis nella conferenza stampa che ha interrotto il silenzio stampa del Napoli con un fiume di dichiarazioni. “Meglio sorvolare, io cerco sempre di rispettare le opinioni altrui anche quando non le condivido”, ci dice al telefono. Ma sul punto no, su quello Costa non ha intenzione di lasciar passare.

“Io comprendo le difficoltà nelle quale si trovano le società di calcio. Non avere il pubblico in presenza per un anno e più rappresenta numerose criticità. Ma la mia riflessione è semplice. Siamo di fronte ad una pandemia dinamica e se oggi devo fare una valutazione, dico che ci sono le condizioni per un inizio di campionato con il 25% della capienza, la stessa che abbiamo garantito per gli Europei. Da lì si può solo migliorare se il contesto migliorerà. Sosteniamo che l’immunità di gregge arriverà a fine settembre, e lavoriamo per aumentare gradualmente anche l’ingresso del pubblico negli stadi. Se il quadro resta questo, si tornerà piano piano alla normalità. Ma va fatto un passo alla volta, e bisogna usare prudenza perché non ne siamo ancora usciti, anche se i vaccini ci stanno riportando in quella direzione”.

De Laurentiis – toni a parte – ha anche messo sul tavolo l’idea di garantire l’accesso agli stadi ai vaccinati. Cosa che, aggiungiamo noi, tra l’altro potrebbe funzionare come veicolo promozionale della campagna vaccinale, dopo i disastri comunicativi sul vaccino Astrazeneca…

“Il mio rapporto con la Lega Calcio è ottimo. Anzi, Dal Pino è stata una delle prime persone che ho incontrato da sottosegretario, e proprio io ho messo la faccia sull’apertura al pubblico per la finale di Coppa Italia. Questo per dire che se c’è la possibilità di avviare percorsi condivisi per individuare criteri che possano funzionare, il governo si è sempre reso disponibile. Sul tema dell’apertura ai vaccinati, però, bisogna anche stare attenti a non creare disparità. In teoria si potrebbe fare se fosse data a tutti l’opportunità di vaccinarsi, cosa che non è ancora. Sono temi su cui è giusto aprire un confronto. È un’idea che stimola un dibattito positivo che raccolgo. Anzi, sono disponibile a incontrare De Laurentiis”.

Nel frattempo pare che la “minaccia” inglese sia svanita: la federcalcio inglese ha deciso di non mettere in vendita i circa 2.500 biglietti per Inghilterra-Ucraina che si giocherà a Roma sabato. Quindi il temuto rischio di ingresso dribblando i 5 giorni di quarantena potrebbe riguardare solo poche persone, particolarmente determinate a venire in Italia nonostante tutto.

“Purtroppo qualche biglietto mi risulta venduto. Quella della FA è una scelta di buon senso. Le regole, le nostre regole, ci sono e vanno rispettate. Sono comunque previsti una serie di controlli negli aeroporti. Siamo fermissimi, su questo punto. Chi arriva dall’Inghilterra deve restare cinque giorni in quarantena. Il calcio si adegua“.

Le immagini dello stadio di Budapest, pieno zeppo, senza distanziamento e mascherine, come la fanno sentire? Preoccupato? Sollevato?

“Non le ho viste. Ma dobbiamo stare attenti. Io sono un ottimista e credo che si debbano veicolare messaggi positivi, non sono tra quelli che dicono che dobbiamo fare allarmismi, anche sulla variante delta. Dobbiamo far fare i vaccini alle persone. Siamo in una fase delicata. E certo far vedere uno stadio pieno di gente senza protezioni non è un bel segnale”.

Però rappresenta bene il rapporto tra calcio e pandemia, complicatissimo fin dal primo giorno, da Valencia-Atalanta. L’Uefa si è imposta in questi due anni come uno organismo sovranazionale che tentato di forzare gli stati sovrani. Ancora adesso è accusata dal governo tedesco di essere irresponsabile. Ha come alleato forte Orban, e il governo inglese che ora chiede ai suoi tifosi di restare a casa ha deciso di aprire Wembley a 60.000 persone per la fase finale. L’Italia s’è dimostrata abbastanza collaborativa con Ceferin…

“Abbiamo tenuto un atteggiamento coerente. Quando l’Uefa ci ha chiesto la disponibilità al 25% della capienza ci siamo attenuti a quella percentuale. Ora però registro un atteggiamento da scaricabarile, non corretto. Credo l’Uefa debba fare anche fare un’assunzione di responsabilità. Ripeto: siamo in una situazione fluida e ci dobbiamo adattare. Se ricordo bene fu Boris Johnson a dire che visto che in Inghilterra c’era una percentuale più alta di vaccinati, allora sarebbe stato il caso di giocare più partite in Inghilterra. Se vale lo stesso principio, ora che il contagio in Inghilterra avanza credo che l’ipotesi di spostare la finale altrove doveva essere considerata. Aveva ragione Draghi quando disse che adesso in Italia l’indice di contagio è tra i più bassi in Europa e sarebbe stato più opportuno giocarla a Roma“.

Ma finora l’Uefa ha dimostrato di tessere la sua tela anche a dispetto della situazione epidemica. Lei crede che se per assurdo (ma mica tanto) la situazione fosse peggiorata drasticamente Ceferin avrebbe permesso di giocare gli Europei senza il pubblico allo stadio?

“A leggere oggi le dichiarazioni della Uefa devo pensare che si sarebbero dovuti attenere allora come oggi alle regole sanitarie imposte dai singoli Stati. Anche ad un’eventuale chiusura degli stadi. L’Italia ha accettato quel vincolo minimo del 25% in via prudenziale, altri hanno deciso per più apertura. Ma la responsabilità sanitaria viene prima del calcio e spetta agli Stati“.

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