ilNapolista

Trent’anni dopo Winter, tocca a Hysaj: le frange nazifasciste laziali non cambiano mai

Nel 92 subì una disgustosa aggressione antisemita da parte degli ultras laziali. La società gli consigliò di sorvolare sul suo essere ebreo. Non è cambiato quasi niente

Trent’anni dopo Winter, tocca a Hysaj: le frange nazifasciste laziali non cambiano mai
Foto tratta dall'Unità del 10 giugno 1992

Era il 1992. La Lazio acquistò un centrocampista olandese molto quotato: Aron Winter. Pelle nera e nome ebraico, la reazione degli ultras laziali non si fece attendere e sui muri comparve una scritta orribile: Winter raus, seguita da una svastica. 8 anni dopo, in un’intervista al Corriere della Sera, il calciatore dichiarò: «Quell’estate fu un incubo. Era il 1992, ero appena arrivato a Roma. Lessi quella scritta sul muro, uscendo dal centro di allenamento: “Winter Raus”. In un istante mi crollò il mondo addosso. Fu proprio il mio nome, Aron, ad attirare su di me la contestazione antisemita. Alle scritte sui muri seguirono anche telefonate anonime al centralino del club: “non vogliamo ebrei”, urlavano. Mi fu consigliato di smentire le mie radici. In un’intervista non confermai di avere origini israeliane. Mi chiamo Aron Mohammed, dissi, solo perché a mio padre piacevano i nomi esotici».

Quasi 30 anni dopo, la storia si ripete

L’episodio è oramai noto: Luis Alberto pubblica sui social un video in cui Elseid Hysaj, fresco laziale, canta “Bella ciao”, la celebre canzone partigiana. Anche stavolta la reazione della tifoseria non si fa attendere, prima con gli insulti sui social, poi con questo striscione

striscione contro hysaj

Stavolta niente svastica, ma l’orgoglio fascista della tifoseria. Orgoglio rivendicato anche a parole dal capo ultras Franchino.

Cosa fa Lotito?

Il DS Tare si è dato da fare per favorire un chiarimento tra ultras e giocatore. La Lazio ha diffuso un comunicato tragicomico sulla vicenda in cui si legge: «È compito del club tutelare un proprio tesserato e sottrarlo a strumentalizzazioni personali e politiche che certamente in questo caso nulla hanno a che vedere con il contesto informale e amichevole in cui si è svolto l’episodio». Ho fatto qualche anno in più delle scuole dell’obbligo, eppure non capisco il senso di quest’insieme di parole che definire “frase” mi sembrerebbe lusinghiero. La Lazio non difende Hysaj, si è limitata a dire che è (rectius: sarebbe) compito della Lazio farlo. Dopodiché dice che le strumentalizzazioni personali e politiche non hanno a che fare con il contesto informale. Ma perché, ci chiediamo? Perché non usare parole chiare tipo “Hysaj ha diritto a cantare quel che più gli piace”? Oppure “Nessuno, nemmeno i tifosi, possono mettere un cappello politico sulla Lazio”? Lo striscione in questione è firmato, la società conosce perfettamente i referenti di quel gruppo, quali provvedimenti intende prendere contro chi ha dato del verme ad un tesserato ed ha dichiarato l’appartenenza politica ad un  movimento politico fuorilegge e protagonista dei 20 anni più bui della storia italiana?
La società c’entra qualcosa nella voce trapelata secondo la quale il terzino albanese ha cantato Bella Ciao senza sapere cosa significasse, ma solo perché l’aveva ascoltata in TV? Siamo alla riedizione del caso Winter? Negare i fatti invece di affrontare le conseguenze delle azioni ignobili dei tifosi?

Il secondo comunicato della Lazio

Proprio in questi minuti la Lazio ha diffuso un secondo comunicato, meno criptico del primo, ma egualmente da condannare. “Noi non saremo mai dalla parte di chi nega i valori dello sport” si legge nel comunicato. Ma lo striscione esposto dagli ultras della Lazio non era contro de Coubertin. Non era nemmeno firmato dai fans di Zucchero di “Solo una sana e consapevole libidine”. Quello striscione inneggiava al fascismo e dava del verme ad un calciatore che ha cantato una canzone partigiana. Dunque la Lazio ha perso un’altra occasione per dirsi antifascista, perché di questo si tratta.

E Sarri?

E mentre la società cincischia, l’allenatore che fa? Dov’è finito il suo essere di sinistra? Gli ultras hanno dato del verme ad un suo giocatore, peraltro uno dei suoi beniamini, quello che tra Empoli, Lazio e ora Napoli ha giocato più partite sotto la sua guida. Intende reagire? Dire una parola nemmeno comunista, ma di libertà? Oppure si è rassegnato all’appartenenza fascista dei colori della sua nuova squadra? Avrà cambiato idea? Come fece con i “rigori dati alle strisciate” appena le sue terga si sono poggiate sulla panchina della strisciata per antonomasia? Oggi è toccato ad Hysaj per una canzone, domani potrebbe toccare a lui per un’idea espressa durante un’intervista? Non crede, Maurizio Sarri, che sarebbe il caso di spingere per chiarire che i tesserati della Lazio hanno diritto alle loro idee? O forse ha preventivamente rinunciato ad esprimere qualsivoglia idea per tutta la sua, ci auguriamo lunga, permanenza alla corte di Lotito? Si presta anche lui al mantra del presidente “famo ‘sta sceneggiata” espresso mentre portava una corona di fiori alla sinagoga dopo che la sua tifoseria aveva profanato il ricordo di Anna Frank?

E la Lega Calcio?

Farà finta di non vedere? Esprimerà una presa di posizione? O si limiterà ad iniziative blande come quando, nel 2017, dispose che arbitri e i capitani scendessero in campo con i libri “Il Diario di Anna Frank” e “Se questo è un uomo” di Primo Levi, dopo che gli ultras della Lazio (sempre loro) diffusero immagini di Anna Frank con la maglietta della Roma? Il calcio si riempie la bocca di parole come “rispetto”, “libertà” e “inclusione”, ma quando si presenta il caso specifico, quando un giocatore viene attaccato per il colore dalla sua pelle, per le sue origini e per le sue idee politiche, si volta sempre, costantemente, dall’altra parte. Due parole, un libro allo stadio e avanti con l’ipocrisia. Intanto sono passati 30 anni dall’episodio che riguardò Winter, 32 da quando Ronny Rosenthal fu costretto a rescindere il contratto con l’Udinese perché ebreo e le intimidazioni ai calciatori continuano.

ilnapolista © riproduzione riservata