ilNapolista

Lo scudetto di Sarri non c’entra col Sarrismo: sta cambiando la Juve, ma nessuno se n’è accorto

Il sarrismo è solo napoletano, eppure molti non lo accettano. Ha conquistato lo scudetto valorizzando diversi giocatori e modellando la squadra per il futuro

Lo scudetto di Sarri non c’entra col Sarrismo: sta cambiando la Juve, ma nessuno se n’è accorto

Il linciaggio mediatico a cui sono stati sottoposti Maurizio Sarri e la Juventus (qui, qui e ancora qui) non lascerebbe minimamente immaginare che in realtà sia stato vinto uno scudetto con due giornate d’anticipo. Poteva essere conquistato prima e poteva essere conquistato meglio, è fuori discussione visto anche il valore e qualità della rosa. Ed è altrettanto vero che i soggetti in questione non sono i più piacevoli del sistema calcio. Intanto, però, oggi si discute del loro successo, del primo campionato di massima divisione di Sarri.

Gran parte della critica non è in grado di scinderlo dal sarrismo. Ancora non si arrende al fatto che è stato un concatenarsi di cause, un incastro perfetto, un’idea di calcio che solo quel Napoli poteva eseguire. Il suo volto si associa al bel gioco e al comunismo. Ma è soltanto una retorica, miope e un po’ insopportabile, che non accetta l’evoluzione umana di Sarri. Un allenatore che ha preferito guadagnare e aumentare le probabilità di successo, per la paura di rimanere incompiuto. Una situazione paradossale, considerando l’impronta che aveva comunque lasciato senza vincere nessun trofeo.

Il Chelsea non era la prima forza della Premier, il suo obiettivo non era vincere il campionato, ma ha dominato l’Europa League. Alla Juve ha vinto lo scudetto, che è il minimo sindacale del club, eppure per il 6 in pagella servirà per forza un percorso autorevole in Champions.

Insomma, esiste una certa difficoltà nell’accettare questo tipo di cambiamento, cosa che poi ha fatto passare in secondo piano i risultati raggiunti nella gestione tecnico-tattica della squadra, l’aspetto considerato a priori nella sua valutazione. Eppure, checché se ne dica, alcune intuizioni rimarranno anche dopo di lui. Ad esempio, aver affidato il centrocampo della Juventus a Rodrigo Bentancur. L’avvicendamento con Pjanic ha reso cedibile il bosniaco – il bilancio ringrazia – ed è aumentato il dinamismo. Questa svolta era parsa evidente fin dalla prima partita post lockdown.

L’elenco potrebbe proseguire con la valorizzazione di Rabiot e la trasformazione definitiva di Cuadrado in esterno di difesa, che prima di lui era stato soltanto un esperimento estemporaneo di Allegri, che ne aveva colto questa predisposizione. Rispetto alla precedente gestione, poi, Cristiano Ronaldo è molto più prolifico. Con una partita in più rispetto alla scorsa stagione, è passato da 28 a 35 reti segnate in tutte le competizioni. E ci sono ancora (almeno) tre gare da giocare. Il portoghese ha beneficiato della vertiginosa crescita dei rigori concessi in Serie A, ma anche senza calcolare i gol dagli undici metri avrebbe comunque segnato di più.

La pandemia, la sospensione e la compressione forte del calendario hanno contribuito ad un’espressione di calcio ben lontano da quella sarrista, nell’accezione più pura del termine. Ma agli allenatori viene chiesto di vincere prima di tutto, il resto passa in secondo piano. Magari non alla Juve, dove sono abituati a vedere soddisfatti le richieste e stavolta non è andata proprio così. Per questo, però, è giusto concedersi un’altra stagione ancora. E soltanto allora certe accuse potrebbero risultare più fondate.

ilnapolista © riproduzione riservata