La storia dell’arbitro “negro” messicano che ha battuto i razzisti
Su El Pais. Maganda era un arbitro promettente, sospeso dopo aver denunciato le offese che subiva in campo. Ma il capo degli arbitri gli rispondeva: "Che vuoi negro?". Ha vinto in tribunale, ed è stato reintegrato

Adalid Maganda è nato ad Acapulco nel 1984. E’ un arbitro messicano. Ed è nero. Anzi, come lo hanno chiamato per anni, è un “pinche negro”, un fottuto negro. Lo è sempre stato per i tifosi allo stadio, per i giocatori che dirigeva, e pure per il capo degli arbitri messicano, Arturo Brizio. La scorsa settimana è tornato in campo ad arbitrare dopo un anno di sospensione dovuta al colore della sua pelle e al vizio di denunciare le offese. E’ stato l’unico in campo a inginocchiarsi, come usa adesso. Il suo modo di festeggiare la sua battaglia vinta, contro i razzisti.
La sua storia la racconta El Pais. Il disprezzo per le sue origini lo ha accompagnato sin dalle sue prime partite. Ma la carriera di Maganda era entusiasmante, scrive il quotidiano spagnolo. Aveva superato velocemente tutte le divisioni dei campionati messicani sopportando stoicamente le offese che gli piovevano addosso. Ci sono anche dei video su Youtube in cui si sente la folla che gli urla “Nero, figlio di puttana, ti laverò la bocca con la benzina!”.
In Messico, uno su 100 è afro-discendente, secondo l’Istituto nazionale di statistica e geografia (INEGI). Ci sono cioé 1,4 milioni di persone di colore. Maganda ha dovuto affrontare anche la brutalità delle strade. Nel 2015, quando aveva già raggiunto la Prima Divisione, prima di Atlante-Pachuca (la squadra da cui proviene Lozano, ndr) andò a controllare le squadre negli spogliatoi e, nel mormorio, iniziò a sentire i il verso delle scimmie. Ad aprile 2018 si è stufato.
Maganda ha scosso il calcio messicano denunciando Arturo Brizio, la massima autorità degli arbitri, per averlo trattato con disprezzo, proprio per il colore della sua pelle. Maganda lo ha accusato di averlo retrocesso senza alcuna giustificazione. “E quando gli ho chiesto cosa stava succedendo, mi rispose così: “Cosa vuoi, amico nero?“, “Perché non torni ad Acapulco, alle barche?”.
Brizio ovviamente respinse le accuse e assicurò che il licenziamento aveva a che fare solo con le sue prestazioni. Ma l’arbitro di discendenza africana ha portato il suo caso in tribunale. E ha vinto. La Federazione calcistica messicana (la FMF), da cui dipendono anche gli arbitri, lo ha reintegrato.