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Ieri sera la partita l’ha architettata papà, ne sono certo

È stata una finale di vuoti e non solo sugli spalti. Nalpoli-Juve in campionato ha rappresentato uno degli ultimi momenti di serenità di mio padre

Ieri sera la partita l’ha architettata papà, ne sono certo

Quando il Napoli sconfisse la Juventus in campionato, era domenica 26 gennaio, mio padre mi mando un whatsapp con scritto: “Non avrei mai pensato di vedere un’altra volta il Napoli che batte la Juve”. Non stava bene e lo sapeva, se ne è andato cinque giorni dopo. Siccome scegliamo cosa tenere o meno, tra i ricordi, ho pensato (quindi ho scelto, e la percentuale di errore è minima) che quella partita abbia rappresentato uno degli ultimi momenti di serenità di mio padre. Quella partita non la dimenticherò mai.

Siccome siamo capaci di scegliere, quando ci fa comodo, di immaginare o meno un al di là, ieri sera al fischio finale ho deciso che la partita l’avesse architettata papà. Si è concentrato, ha fatto sì che il Napoli avesse quattro occasioni nitide da gol. Non è ancora esperto di miracoli, ecco spiegati i due pali. Esperto o meno non può far nulla (come tutti) per il classico rigore in movimento spedito da Milik sopra la traversa. Per i rigori veri papà era pronto, si è spostato dalla sua postazione, prima stava seduto dietro Nedved e Agnelli e faceva loro smorfie e corna, ed è andato ad accomodarsi dietro la porta. Si è occupato di Meret e Dybala, ha intimorito Danilo e ha rassicurato i 4 calciatori del Napoli che hanno tirato. Ora, sono certo che nessuno di voi abbia avuto dubbi, i calciatori del Napoli sono andati sul dischetto certi di segnare. Lo si vedeva dalle espressioni, concentrate, determinate. Nessuno ha guardato per terra. Nessuno ha sbagliato.

A fine partita ho ricevuto vari messaggi. Il primo è di Marco, vive a Roma, fa l’editore, è un amico e tifa Napoli, mi scrive che suo padre e mio padre devono averla vista insieme. Ne è certo e io non ho motivo per dubitare. Mi scrive Martino, tifoso viola, che ai rigori c’è più goduria. Come dargli torto. Mi scrive Vincenzo, che è un poeta, che con la sintesi che gli compete, scrive: Forza Napoli ovunque! Lo scrive anche perché, quando entrambi vivevamo a Milano, insieme ne abbiamo viste parecchie. Mi scrive Demetrio, scrittore e conoscitore di calcio, auto salutando la sua squadra, che è la Juve, ciò non gli fa perdere l’ironia. Al telefono si è commossa persino mia mamma, perché (in altri termini) ha pensato ciò che ho pensato io, guardando le poltroncine vuote sugli spalti e le sedie altrettanto vuote in cucina.

È stata una finale all’insegna del vuoto, vuoto generale sugli spalti, vuoto personale per quanto riguarda chi scrive. Alcuni amici, con i quali ho scambiato opinioni, hanno concordato di quanto tutto sembrasse strano. Non si trattava di una partita a porte chiuse, si trattava e si tratta di una seconda parte di stagione a porte chiuse e con il caldo in faccia. Per quanto mi riguarda, i campionati e le coppe dovevano essere annullati, con il più classico dei se ne parla a settembre. Non è andata così, le mie ragioni non tengono conto del denaro. Siccome non è andata così, sono felice che il Napoli abbia vinto, non potrei non esserlo. In più, il Napoli ha vinto meritatamente, non si discute su questo.

Mertens ha firmato / Meret ha parato. Finché non perderemo il gusto di giocare con le parole le cose avranno un senso. E ha senso la parata di Meret sull’unico tiro della Juve ed ha ancora più senso la sua parata sul rigore di Dybala. Decisiva perché ha indirizzato tutti gli altri tiri nella giusta direzione. Lo sa lui e deve saperlo Gigi Buffon che quella parata l’ha guardata e l’ha capita. Meret è per me il miglior portiere del Napoli e non in prospettiva, lo è per evidenza.

Prima della partita pensavo che se avessimo vinto avrei urlato le cose peggiori a Maurizio Sarri, allenatore che ho molto amato, invece è accaduto quello che mi accade sempre: tutto è rientrato nell’ambito dello sfottò, non c’era bisogno di niente, perfino le battute erano già scritte. Diceva Daniele Luttazzi che per fare satira politica bastava conservare i ritagli dei quotidiani e rileggerli 3 mesi dopo, vale anche per lo sport. Vale per Sarri, la sua faccia per tutta la partita è stata un divertimento unico. Era già sconfitto, la sua espressione a fine partita era sublime. Quello che gli accadrà (sportivamente parlando) è affar suo, non mi riguarda.

Come mi succede spesso, durante la partita avevo anche altro da fare. Ero in diretta streaming con Pesaro Musei per una lettura di poesia. Perciò Skype da una parte, schermo basso a partita dall’altra. Partita senza audio, del resto nessuno di noi negherà che una buona poesia non sia meglio delle voci di Alberto Rimedio e di Paola Ferrari. Poi la diretta è finita e dal secondo tempo in poi mi sono concentrato sulla partita. Appena Milik ha segnato il rigore decisivo ho portato fuori i cani, non avevo troppa voglia di vedere i festeggiamenti, ero già abbastanza felice così. In fondo alla calle di casa c’erano una decina di persone, ho capito passando che erano juventini delusi, facevano la conta con quello che sarebbe rimasto da vincere. Ho salutato e ho cominciato a canticchiare, non so bene cosa, poteva essere Pino Daniele ma pure Ben Harper, ondeggiando la testa alla Stevie Wonder. Ho festeggiato così.

L’ultima immagine della serata è quella di un calciatore inginocchiato sul terreno di gioco, si tiene la testa tra le mani. Sta piangendo. Si vede il numero 7 sul pantaloncino, è Callejón. Ecco uno a cui vogliamo bene veramente.

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