Il calciatore del Sassuolo alla Gazzetta: «Il pubblico ti aiuta a calarti nella sfida con la testa giusta. Anche i punti di riferimento nello stadio di casa sono leggermente diversi se non ci sono i tifosi: è proprio un’altra cosa».
La Gazzetta dello Sport intervista Ciccio Caputo, calciatore del Sassuolo che il 9 marzo, alla vigilia del lockdown, scese in campo con un messaggio per gli italiani: «Andrà tutto bene, restate a casa».
Racconta il silenzio dello stadio contro il Brescia, quel giorno.
«Era surreale, non mi era mai capitata una cosa del genere. Sembrava un’amichevole, anzi un allenamento. Non è facile giocare in quella atmosfera».
La differenza principale tra porte aperte e chiuse sta nelle parole.
«Senti quelle degli avversari, anche del loro allenatore. E naturalmente vale il contrario. A porte chiuse devi fare uno sforzo maggiore per concentrarti sulla partita: il pubblico ti aiuta a calarti nella sfida con la testa giusta. E un boato, un brusio, un’improvvisa reazione della gente possono pure essere preziose aggiungendo qualcosa alla tua visione della partita. Anche i punti di riferimento nello stadio di casa sono leggermente diversi se non ci sono i tifosi: è proprio un’altra cosa».