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Vincenzino, Luigino e i runner

Lunedì aveva deciso di ordinarsi il panino da Puok, ma Luigino gli ha fatto il dispetto e così aveva ripiegato sulla pizza

Vincenzino, Luigino e i runner

Vincenzino ha dormito poco domenica.
Quel signore elegante in tv l’ha fatt ntussecà.
Lunedì è andata peggio, tutta quella gente in strada, i bambini, i genitori, ma soprattutto i runner…
Che poi lui fino a un mese fa manco lo sapeva che cosa era un runner.
E insomma si è intossicato, lunedì aveva deciso di ordinarsi il panino da Puok, ma Luigino gli ha fatto il dispetto e così aveva ripiegato sulla pizza, ma per la pizza c’erano liste di attesa che manco per un trapianto al fegato al Cardarelli, proprio lui che in cantina conserva due fegati e due primari, tante volte dovessero servire.

Ed allora lunedì notte, anzi già martedì, alle 2 ha chiamato Ferdinando, il suo autista, gli ha fatto fare un paio di pedonali in contromano ed è arrivato a Palazzo Santa Lucia.
Silenzio, manco un parcheggiatore abusivo orientativo, niente.
Pareva che pure il mare si fosse ritirato per evitare di farlo incazzare.
È entrato, ma invece di recarsi al solito ascensore, per entrare nel suo ufficio, si è diretto verso un corridoio senza uscita, lui da solo, ultimo baluardo tra il virus e l’incoscienza dei napoletani.

Giunto di fronte al muro è stato tentato di darci una capata fortissima e sfogare così la frustrazione e la rabbia, per tutto, per il covid, per De Magistris i runners, le feste di laurea, la penuria di lanciafiamme, il panino mancato … ed invece il muro lo ha accarezzato, una luce rossa è comparsa su una pulsantiera prima invisibile, e poi una luce verde.

“Megli ra bat caverna” ha pensato Vincenzino ed è entrato.
Una rampa di scale, due, tre, poi una sala bianca, nessun monitor, nessuna sedie, nessun addetto, niente di niente, praticamente un ufficio pubblico modello se non fosse per una maniglia vicino una parete.
L’ha tirata e la porta scorrevole è scivolata di lato.
“Aiccann” ha esclamato con gli occhi luccicanti di ira ed emozione.
La macchina, all’apparenza semplice, quasi vintage come direbbe qualche fighetto del pd, è invece un congegno imprescindibile il cui funzionamento è per metà informatico e per metà umano, utilizzarla richiede uno sforzo enorme ed ogni volta che Vincenzino la usa, poi caca mollo per giorni.

Voglio verè se diman stann ancor tutt sti maratoneta kenioti mmiez a via e così ha preso il cavo usb se lo è ben incastrato in una porta poco più in basso dell’ombelico e la macchina ha iniziato a vibrare, poi sussulti, sbuffi, lampeggiare di led, una specie di concerto elettronico e neomelodico insieme.
Alla fine è uscito un foglio, bello, stirato, con il logo della Regione e sotto una chicca, niente Presidente, niente nome e cognome, solo De Luca, come Vesuvio e nessuno pensa sia necessario aggiungere “vulcano”.

Fragrante e cattiva, amorevole e paternalista, dura e semplice, attesa ed invisa, la sua ordinanza, il frutto della macchina ammazza decreti, quella macchina che ad ogni foglio gli strappa un mese di vita.
Ma Vincenzino è contento ora, stacca il cavo, spegne la macchina, fa scorrere la porta, riattraversa la stanza spoglia, risale le scale, richiude la porta a muro invisibile, rientra in macchina e…
“Ferdinà, puortem a casa, so stanc… Antò, per stavolta, solo per stavolta, non lo fare il contromano, perdimm tiemp, voglio farmi un’ora di sonno, e voglio sognare, almeno una festa di laurea, almeno un lanciafiamme, almeno nu strunz che corre e che viene polverizzato. Ho bisogno di cose belle.”.

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