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Ranieri: “Non è etico scavalcare i cittadini, i tamponi servono a loro”

Il tecnico della Samp al Corsera: “Troppi morti e troppi contagiati per ricominciare. Nessuno sa come reagisce il virus sul fisico di un atleta. Se dovesse succedere qualcosa di grave chi se ne assumerebbe la responsabilità?”

Ranieri: “Non è etico scavalcare i cittadini, i tamponi servono a loro”

I tamponi servono ai cittadini, i calciatori non possono scavalcarli, “non è etico”. Per Claudio Ranieri non è proprio il caso che il campionato riparta, “ci sono troppi morti, troppi contagiati”.

Il tecnico della Sampdoria in un’intervista al Corriere della Sera invoca “prudenza”, e “giustizia sociale”:

“Nessuno sa come reagisce il virus sul fisico di un atleta e se dovesse succedere qualcosa di grave chi se ne assumerebbe la responsabilità? La verità è che ci sono ancora troppi morti e troppi contagiati per ricominciare. Siamo una delle industrie più a rischio proprio perché il nostro è uno sport di contatto. E non vorrei che la fretta ci portasse a commettere degli errori”.

Il protocollo per la ripresa stilato dalla Figc, per Ranieri, prevede uno scostamento dalla realtà

“È giusto fare tamponi, come i test sierologici. Ma in questo momento c’è gente che ne ha più bisogno di noi. Non possiamo scavalcare i cittadini, non sarebbe né giusto, né etico. Ho degli amici che sono stati ammalati e il tampone non sono riusciti a farlo perché non se ne trovano e perché non ci sono i reagenti”.

Anche sul ritiro forzato Ranieri ha remore:

“I giocatori sono chiusi in casa da quasi due mesi e stanno dando i numeri. Tra un po’ parlano con i muri… Molti sono da soli, con la famiglia lontana. E dovrei portarli in ritiro un altro mese con la prospettiva di tenerli isolati anche durante le partite? Sarebbero quattro mesi di clausura, non è credibile. Le nostre case sono diventate il posto più sicuro del mondo. Perché dovremmo andare in albergo ed entrare in contatto con il personale della struttura? Questo vale anche per tutto il gruppo squadra, una cinquantina di persone. Non possiamo metterli in carcere, altrimenti più che fare lo psicologo, rischio di dovermi trasformare in uno psichiatra”.

Il punto per il tecnico della Samp è che

“Nessuno sa niente di questa pandemia e delle sue conseguenze. Va benissimo allenarsi distanziati la prima settimana, come dice il protocollo. Ma poi? Quanto e come posso forzare con un ragazzo che è stato ammalato, e da noi è successo a tanti. Ci aspetta un tour de force pazzesco. Va gestito lo stress psicofisico. Chi mi assicura che ai calciatori colpiti da Covid non succeda niente dopo uno scontro di gioco? Invito tutti alla prudenza: sono morti anche dei giovani. Bisogna essere cauti, molto cauti. Essendo il nostro uno sport di contatto, dovrebbe essere l’ultimo a rimettersi in moto, sicuramente dopo le altre discipline per natura più distanziate, come per esempio nuoto e tennis”.

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