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La postina di Nembro: «Suono al campanello ma nessuno risponde. Vedo solo annunci mortuari»

Sul CorSera. «Prego per chi non c’è più. Spero che questo incubo finisca presto. Le sirene delle ambulanze hanno smesso di suonare. Adesso che in giro non c’è anima viva, non serve più» 

La postina di Nembro: «Suono al campanello ma nessuno risponde. Vedo solo annunci mortuari»

Sul Corriere della Sera la storia di Eliana Mismetti. Fa la postina a Nembro, uno dei comuni della bergamasca più colpiti dal virus. I decessi ufficiali per colpa del virus sono 40, ma il sindaco ha incrociato i dati dell’anagrafe e ne ha riscontrati 160 nel solo mese di marzo. Nel 2019 erano stati 120 in tutto l’anno.

Elena racconta il minuto di silenzio del 31 marzo, a mezzogiorno, per celebrare le vittime del Covid-19.

«Sono scesa dal motorino, mi sono tolta il casco e sono rimasta immobile. Sessanta secondi che mi sono sembrati un tempo interminabile, durante il quale ho pensato ai miei due zii Valerio e Alfredo, morti all’inizio di marzo in una casa di riposo. Ho pensato a quelle volte in cui, in questi giorni, ho citofonato e suonato il campanello senza che mi rispondesse nessuno. Una sensazione tremenda, gelida. Infine ho pregato a bassa voce, ripetendomi: spero che questo incubo finisca al più presto. Quando sono risalita sullo scooter mi sono accorta che piangevo».

La cittadina è piccola. Tante di quelle persone morte lei le ricorda bene. Come il

«pensionato che faceva attraversare la strada ai bambini, la nonna che mi salutava dal balcone, quel vecchino che mi sorrideva appena uscito dal bar sempre alla stessa ora».

Prima, racconta, per fare il giro di consegna della posta ci volevano tre ore e mezzo.

«Adesso qualcosa in più perché tanti ti fermano per chiederti informazioni sugli orari di apertura dell’ufficio postale. Le sirene delle ambulanze? No, ora hanno smesso di suonare: si sentivano quattro o cinque settimane fa, quando c’era ancora traffico per le strade. Ma adesso che in giro non c’è anima viva evidentemente non serve più».

Ha sempre sognato di fare la postina, sin da ragazza.

«Era il mio sogno, forse perché mi è sempre piaciuto chiacchierare e stare in mezzo alla gente. Ma ora è tutto diverso, bisogna rimanere lontani per evitare il contagio. Nel lasciare pacchi e buste, avverto dalla strada. Quando citofono chiarisco che firmo io le raccomandate per non incrociare nessuno. Spostandomi, lungo i muri, vedo una serie infinita di annunci mortuari. Fa impressione. E se incontro qualcuno ho paura a rivolgergli la domanda che altrimenti sarebbe stata ovvia: come stai?».

 

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