Al Corriere Brescia. Tomasoni accenna alla mutazione del virus: «Nella prima fase pazienti dai 65 ai 75 anni, già malati, ora persone con meno di 60 anni»
Il Corriere Brescia intervista Gabriele Tomasoni, primario della Rianimazione degli Spedali Civili di Brescia. Fa un resoconto dei casi Covid presenti.
«Da sedici siamo passati a venti, quattro sono arrivati nelle ultime ore: due da altri reparti e altrettanti da fuori. In tutto ci sono 41 pazienti intubati in quelli che ormai chiamiamo Covid 1, 2 e 3, vale a dire le rianimazioni riformulate per fare fronte all’emergenza: la prima, la cardiotoracica con 16 letti e la seconda, che dispone di 10 posti no Covid e 7 aperti d’urgenza, invece, per i positivi. Che nel nostro ospedale sono circa 400: hanno bisogno di ventilatori non invasivi e dell’assistenza di anestesisti».
Il primario racconta l’intensità del lavoro e il flusso di pazienti, enorme, assolutamente imprevisto.
«Ci aspettavamo alcuni casi, questo sì, tanto che avevamo previsto tre step di aperture straordinarie. Ma non un flusso così importante di pazienti in pochissimo tempo. È un crescendo di ricoveri».
I malati sono cambiati, rispetto alla prima fase della malattia. Adesso ce ne sono anche di età inferiore ai 60 anni.
«Diciamo che nella prima fase ci siamo occupati di pazienti dai 65 ai 75 anni, già malati di patologie con insufficienza respiratoria. Ora arrivano persone con meno di 60 anni: vanno dai 40 ai 75».
L’ospedale è saturo, dice.
«In media l’esigenza giornaliera va da 4 a 6 letti: il 10% per cento dei pazienti che arrivano in ospedale ha bisogno di terapia intensiva».
Se si va avanti è solo grazie all’impegno e all’abnegazione di quanti vi lavorano.
«che non guardano mai l’orologio e vanno avanti. Penso ai medici, la caposala, gli infermieri che soffrono più di tutti. Sono insufficienti, rinunciano ai turni di riposo e svolgono il lavoro fisicamente più faticoso, perché capita le terapie richiedano posizioni particolari dei pazienti».
E racconta della solidarietà della gente comune, che fa arrivare all’ospedale persino il cibo.
«Ci portano di tutto, mi creda! Ci fanno recapitare pizze, dolci, alimenti di ogni sorta. Si esce ingrassati, le assicuro. E a questa generosità dobbiamo solo dire grazie. Ci sentiamo, finalmente, rispettati e riconosciuti, là fuori. Spero solo possa essere così anche dopo, quando tutto sarà finito».