“Benitez ci rende migliori”, dice quell’anno in cui raccoglie 22,4 passaggi di media, 5 assist e 1,6 passaggi chiave a partita. Tira 2,6 volte in media ogni partita, solo Higuain fa meglio. Ma “Insigne difende meglio”, e poi “incide di più quando entra a partita in corso”. Finisce il suo primo campionato azzurro con 11 gol, da riserva. Nel secondo anno di Benitez, quello abbacchiato, si ferma a 6. Tira meno (1,9 conclusioni di media), ma a parità di passaggi e di occasioni create, serve più assist.
Proprio mentre Mertens comincia a costruire l’altro Mertens, arriva Sarri. Riserva era e riserva resta, di Insigne. Figurarsi, Sarri ha i “titolarissimi”. Gli concede 1086 minuti in campionato, dodicesimo minutaggio della rosa, solo 6 partite da titolare. Fa in tutto 5 gol in 31 presenze smozzicate.
La storia ormai la conosciamo tutti, per il giro improvviso che prende quando va via Higuain, Milik si fa male subito e Gabbiadini fa flop: la mossa della disperazione di Sarri spacciata per “intuizione”:
“Su di lui abbiamo sbagliato tutti, me compreso, era già un attaccante centrale nato dopo un mese e noi lo ritenevamo un fenomeno a partita in corso…”
L’ammissione postuma del tecnico non cambia – incredibilmente – la traiettoria del belga. I numeri restano un’appendice, eppure sono numeri “parlanti”: il primo giocatore dal 2014 a segnare 4 gol nella stessa partita. Il primo giocatore a realizzare almeno una tripletta in due partite consecutive di Serie A dal 1994-95. Il primo giocatore dal 1955 a realizzare 7 gol in 2 partite. L’ultimo era stato Gunnar Nordahl. Ha segnato la quarta tripletta più veloce della storia della Serie A, meglio di lui solo Valentino Mazzola in 2 minuti contro il Vicenza nel 1947, Pietro Anastasi contro la Lazio nel 1975, Marco van Basten contro l’Atalanta nel 1992.