Scomparso il polemico e contestato guerriero. Non scambia più lo sport per un’ascia. L’allenatore del Bologna allarga il suo orizzonte e mette se stesso da parte
Su Repubblica, Emanuela Audisio parla di una metamorfosi per Sinisa Mihajlovic.
La malattia ha cambiato profondamente l’allenatore del Bologna.
“Non per il trapianto di midollo, per le 19 pastiglie al giorno, per i tanti chili persi, per la lotta contro la leucemia. Ma perché i bravi allenatori approfittano degli avversari per capire”.
Così, è scomparso il vecchio Sinisa, “feroce, polemico e contestato guerriero”. Non c’è più nemmeno “il cattivo maestro che insegna le guerre”.
“Scomparsa anche la sua brutale ansia dittatoriale che l’aveva portato a scambiare lo sport per un’ascia. Perfino le sue lacrime sono diverse: non per il male, ma per quanto fa male. Aspettare, sperare, non essere più padroni dei gesti e della voglia. Non si è mai visto un allenatore gestire così pubblicamente la malattia con una squadra, con una città, con una comunità che non è solo quella del calcio”.
Soprattutto, con un totale cambio di prospettiva.
Sinisa si è messo da parte. Ha messo davanti a sé dottori e infermiere, raccontando
“la sua pena di prigioniero, anche nei giorni della partita, la frustrazione del non poter fare niente per far giocare meglio il suo Bologna, ora in una posizione difficile”.
Spesso, scrive la Audisio,
“le malattie ti rinchiudono, ti restringono il mondo. Quello di Mihajlovic si è allargato, molto oltre l’area di rigore”.
Ci sono due tipi di persone, di allenatori.
“C’è chi gioca mille match, capisce di tattiche, ma non sa guardare agli altri e ad altro. C’è chi come Sinisa capisce di essere umano. E più che al futuro, si concentra su ogni momento del presente. È una metamorfosi. Nel calcio si vince anche con il sentimento, ma solo quello non basta. Il Bologna deve salvarsi, Ibrahimovic si è fatto vivo per amicizia, ma non arriverà, Mihajlovic, vestito di rosso con giacca blu, ha ribadito che lui cambia, ma non si scolora. E fa ancora squadra”.