Repubblica Napoli intervista l’autore del docufilm su Pino Daniele: “Bennato rappresenta la Napoli europea, internazionale, all’avanguardia in tutto. Pino non aveva un carattere facile”
Repubblica Napoli intervista Giorgio Verdelli, autore televisivo e regista. L’ultima sua creazione è il docu-film dedicato a Paolo Conte, che uscirà in primavera. Ma Verdelli è anche autore di “Pino Daniele – Il tempo resterà” che nel 2018 ottenne il Nastro d’argento e incassò 700mila euro, un record per un documentario musicale.
Il suo nuovo prodotto su Paolo Conte sarà in parte girato a Napoli, dove il cantautore si esibirà in concerto il 2 dicembre, al San Carlo.
Verdelli racconta come è nata l’idea di dedicarsi al cinema:
«Per “Unici” su Rai 2 avevo fatto Mina, Vasco Rossi, Bolle, Bocelli, Ramazzotti, tutti premiati dal successo. Poi è arrivato quello su Pino Daniele, realizzato in appena 27 giorni, nel 2015. Il giorno dopo la morte di Pino, a gennaio, mi telefonò Angelo Teodoli, direttore di Rai2. “Devi fare Unici su Pino, nel più breve tempo possibile”. Una sfida, una fatica. Andò in onda ad un mese della scomparsa».
Racconta il ruolo di Napoli nel suo percorso.
«Napoli è un abito mentale. Ma si può essere napoletani anche senza parlare il dialetto, senza praticare il vittimismo né la retorica della tradizione. Io vivo a Roma da decenni, ma non sono certo quel tipo di “emigrato” che disprezza la sua città. Tutt’altro».
Oggi, dice, esiste
«una città che oggi è un po’ dimenticata, un po’ rimossa. Da una parte la Napoli di “Gomorra”, dell’hip hop e dei neomelodici, se ancora si chiamano così. Dall’altra la città della tradizione, della canzone classica, del cuore in mano. Ma esiste anche una terza Napoli: europea, internazionale, all’avanguardia in tutto. Quando io ero ragazzo, negli anni ‘70, era questa la città nella quale la mia generazione si identificava. Edoardo Bennato, Alan Sorrenti, gli Osanna, la Nuova compagnia di canto popolare, Lucio Amelio. Eravamo molto insofferenti nei riguardi della tradizione, molti di noi scoprirono un classico come “Dicitincello vuje” solo perché Sorrenti ne fece una famosa cover. Poi la canzone classica l’abbiamo conosciuta. Ma molto dopo».
Verdelli, che è stato sia amico di Pino Daniele che di Edoardo Bennato dice di loro che sono due facce diverse di Napoli.
«Con Pino ho avuto momenti di forte intesa e altri di lontananza, non era un carattere facile. Con Edoardo siamo stati per anni vicini di quartiere: io di Fuorigrotta, lui di Bagnoli. Edo rappresenta oggi meglio di tutti quella Napoli internazionale e autenticamente rock di cui parlavo. Daniele e Bennato sono come il caffè e la coca-cola: entrambi hanno un colore scuro, contengono caffeina e sono eccitanti. E a me piacciono».