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Quindi se a Torino Koulibaly avesse svirgolato a braccia aperte, non sarebbe stato rigore?

Sia dal punto di vista sportivo sia da quello puramente giuridico, il caso De Ligt costituisce un pericoloso precedente che porterebbe a conclusioni aberranti

Quindi se a Torino Koulibaly avesse svirgolato a braccia aperte, non sarebbe stato rigore?

Ha fatto molto discutere ieri la decisione del var e di Irrati, durante Juventus-Bologna, circa l’episodio del tocco di mano di De Ligt a una manciata di secondi dal fischio finale. Dalla lettura delle ricostruzioni effettuate dalle principali testate giornalistiche, per giustificare la correttezza della decisione del direttore di gara, è stato unanimemente citato il regolamento del giuoco del calcio, così come di recente novato.

Facciamo chiarezza.

La norma rilevante applicata nel caso di specie è rappresentata dalla regola 12 del regolamento rubricata “falli e scorrettezze”, alla voce “falli di mano”:

“1) È un’infrazione se un calciatore:

• tocca intenzionalmente il pallone con la mano o il braccio, compreso se muove la mano o il braccio verso il pallone;

  • ottiene il possesso / controllo del pallone dopo che questo ha toccato le sue mani / braccia e poi: – segna nella porta avversaria – crea un’opportunità di segnare una rete;
  • segna nella porta avversaria direttamente con le mani / braccia, anche se accidentalmente, compreso il portiere;

2) È di solito un’infrazione se un calciatore:

  • tocca il pallone con le mani / braccia quando:
  • queste sono posizionate in modo innaturale aumentando lo spazio occupato dal corpo
  • queste sono al di sopra dell’altezza delle sue spalle (a meno che il calciatore non giochi intenzionalmente il pallone che poi tocca le mani / braccia)

**Le suddette infrazioni si concretizzano anche se il pallone tocca le mani / braccia del calciatore provenendo direttamente dalla testa o dal corpo (compresi i piedi) di un altro calciatore che è vicino.

3) Ad eccezione delle suddette infrazioni, di solito non è un’infrazione se il pallone tocca le mani / braccia del calciatore: 

  • se proviene direttamente dalla testa o dal corpo (compresi i piedi) del calciatore stesso – se proviene direttamente dalla testa o dal corpo (compresi i piedi) di un altro calciatore che è vicino;
  • se mani / braccia sono vicine al corpo e non si trovano in una posizione innaturale tale da aumentare lo spazio occupato dal corpo;
  • quando un calciatore cade a terra e mani / braccia sono tra corpo e terreno per sostenere il corpo, ma non estese lateralmente o verticalmente lontane dal corpo.

Orbene, la norma applicata nel caso di specie sembrerebbe essere quella di cui al punto 3, che funge da eccezione alle infrazioni del punto 2. 

Personalmente, non sono d’accordo sulla correttezza di questa norma se l’interpretazione di Irrati dovesse corrispondere a quella che si legge sui principali siti e giornali.

Per il più banale principio di uguaglianza, ma anche semplicemente per una questione di logica, non è accettabile un’equiparazione tra situazioni profondamente differenti.

Da un lato, quella in cui il difensore, al di fuori di ogni pericolo concreto e nel pieno possesso della palla, nell’atto di rilanciare od effettuare un passaggio, colpisca inavvertitamente il proprio braccio; dall’altra, quella in cui a seguito di un cross pericoloso, con l’intento di respingere un’offensiva, il difensore svirgoli goffamente venendo graziato in ultima istanza dalla presenza del proprio braccio largo,  di fatto all’altezza delle spalle, che certamente aumenta la propria sagoma (caso De Ligt per intenderci).

Eppure queste due situazioni così diverse verrebbero sussunte sotto la stessa regola.

Ciò è inaccettabile tanto dal punto di vista sportivo (di calcio giocato), quanto da quello puramente giuridico (di ragionevolezza).

È a parere di chi scrive addirittura un pericoloso precedente, che porterebbe a conclusioni aberranti.

Infatti, dopo il caso De Ligt, vi è il rischio concreto che ogni giocatore possa – a ragione – modificare il proprio contegno difensivo, ponendosi, in tutti quegli episodi in cui l’intervento è finalizzato a sventare pericoli derivanti da cross o passaggi filtranti, con le braccia  ben larghe, così da beneficiare di un “paracadute” nell’eventualità di un proprio errore tecnico (che sia di testa o di piede). Una sorta di prevenzione, legittimata da un ingiustificabile “calcolo di impunità”. 

Per chiarire basti un semplice esempio.

In occasione dello sfortunato autogol di Koulibaly contro la Juventus, se il difensore azzurro avesse effettuato l’intervento – apparentemente semplice come quello di De Ligt – ponendo le braccia larghe a copertura di un eventuale errore tecnico di disimpegno, avrebbe colpito il pallone col braccio dopo aver svirgolato, così evitando l’amara autorete e senza che ciò comportasse alcuna sanzione.

Sempre a parere dello scrivente, in realtà la norma in questione, al netto dell’infelicità della formulazione linguistica adoperata dal legislatore sportivo, andrebbe interpretata diversamente. Infatti, essa esordisce con l’avverbio “di solito”, il che implicherebbe la possibilità per l’arbitro di differenziare, giudicare in maniera diversa situazioni oggettivamente diverse. Si tratta pertanto di una regola manipolabile ed interpretabile, come è giusto che sia. Non può un errore tecnico “scagionare” un tocco di mani nell’ambito di un’azione pericolosa, in un gioco, come quello del calcio, in cui la tecnica rappresenta l’elemento fondante del gioco stesso. Il Var avrebbe dovuto interpellare l’arbitro quantomeno per rivedere l’episodio – attesa l’importanza del medesimo – ed Irrati avrebbe dovuto tenere in debito conto la dinamica dell’azione, l’errore tecnico (e aggiungerei goffo) di De Ligt, il sopraggiungere di Palacio alle spalle del difensore juventino, il braccio largo ecc. In tal senso, le regole devono essere interpretate in maniera coordinata e congiunta là dove un’interpretazione strettamente letterale porterebbe a conclusioni contraddittorie ed illogiche. Ciò per scongiurare il pericolo che situazioni oggettivamente differenti vengano trattate in maniera identica, generando diseguaglianze ingiustificabili e sconfessando la ratio della norma e l’essenza stessa del gioco del calcio.

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