Sui giornali i controlli falsati sui viadotti e gli arresti della Guardia di Finanza di Genova. Tra recidivi, disinvoltura nell’edulcorare e rigurgiti di coscienza
Ieri abbiamo scritto dell’operazione compiuta dalla Guardia di Finanza di Genova per l’inchiesta sui report falsificati, una costola giudiziaria nata dalle indagini per il crollo del Ponte Morandi. Oggi la questione è su tutti i quotidiani.
Tre le persone finite agli arresti domiciliari: Massimiliano Giacobbi, responsabile Divisione Esercizio di Spea (nelle parole del gip “uno dei più attivi nello sviamento delle indagini” e che aveva ammonito “i dipendenti a non consegnare i documenti”), e due pezzi grossi di Aspi, Gianni Marrone (direttore del Tronco di Bari) e Lucio Torricelli Ferretti (responsabile dell’ufficio Opere d’Arte). Sei i sospesi dai pubblici servizi per 12 mesi: Maurizio Ceneri (ingegnere responsabile dell’Ufficio controlli non distruttivi di Spea), Andrea Indovino, Luigi Vastola, Gaetano Di Mundo, Francesco D’Antona e Angelo Salcuni. Altri sei invece restano indagati a piede libero.
In tutto 15 persone che finiscono nel mirino dei pm, con diverse sfumature. L’accusa è per tutti la stessa, quella di aver edulcorato i test e le verifiche sui viadotti Pecetti e Paolillo (il primo in Liguria, l’altro in Puglia), per far sì sembrassero minori le criticità e i potenziali pericoli. Pratica continuata anche dopo il disastro del 14 agosto.
Il Secolo XIX scrive:
“Il giorno prima del Ferragosto dell’anno scorso il Morandi crolla, portando con sé il suo carico di morti e di dolore. Cambia, questa sciagura, il modo di agire? Pare di no, perché uno degli indagati intercettato (ad ottobre, ndr) ha un sussulto di dignità e ammonisce il suo interlocutore: «Non è possibile una superficialità così spinta dopo il 14 di agosto, vuol dire che la gente coinvolta non ha capito veramente un c. ..»”.
Dalle carte in mano ai magistrati emerge tutto. Prendiamo il viadotto Pecetti, nel Comune di Mele, vicino Genova, in Liguria. I tecnici scoprono che si è rotto uno dei cinque cavi costituiti da trefoli intrecciati. E iniziano l’operazione che mira a nascondere la verità. Secondo quanto dicono i pm.
Il cavo spezzato è uno dei tre principali. Invece si dichiara che si tratta di uno dei due secondari, così da ridurre il senso del pericolo e non dover vietare il transito ai mezzi più pesanti.
Continua sempre Il Secolo XIX:
“Perché così transita anche quel trasporto eccezionale da 141 tonnellate, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre dell’anno passato. Erano consapevoli, gli indagati, di quel che stavano facendo? Gli inquirenti dicono di sì: per evitare che le conversazioni telefoniche venissero intercettate, c’è anche chi ha usato il jammer, un dispositivo che le protegge”.
L’altro viadotto è il Paolillo, sull’A16, in Puglia. Risulta costruito in maniera differente rispetto al progetto. Le differenze accertate, sia dal punto di vista delle relazioni di calcolo che di contabilità, non potevano garantire nulla in termini di sicurezza. Anche in questo caso si è cercato di nascondere la verità.
Gli indagati modificano le relazioni tecniche con grande disinvoltura, scrive il gip. Perseverano.
Gianni Marrone, per esempio, dirigente dell’VIII tronco di Bari è già stato condannato in primo grado l’11 gennaio scorso a 5 anni e 6 mesi per i reati di omissione di vigilanza e alla manutenzione del viadotto Acqualonga, nel 2013 (40 vittime).
E Autostrade? Il commento, dopo il provvedimento di ieri, è di difesa. Mai riscontrati problemi di sicurezza su questi e altri viadotti oggetto di indagine, scrive in una nota.
“Gli interventi di manutenzione sono stati conclusi diversi mesi fa e la società ha inviato il 4 dicembre 2018 al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti un report contenente il dettaglio degli interventi manutentivi realizzati e delle verifiche effettuate sui viadotti della rete, tra cui il Pecetti e il Paolillo”.
Per il Pecetti, dichiara la concessionaria, i due dipendenti interessati dai provvedimenti erano già stati tasferiti ad altra sede.
In serata il CdA di Atlantia ha deciso di affidare a una “primaria società internazionale” la verifica della corretta applicazione delle procedure aziendali da parte delle società e delle persone coinvolte.