Con le plusvalenze non si va molto lontano. In Italia si continua a investire sui giocatori e non sulle strutture. E poi, quanta parte dei soldi spesi va alle società e quanta ai procuratori?
E’ stata l’estate delle follie, scrive Carlos Passerini sul Corriere della Sera. La sessione di mercato estivo ha chiuso con un giro di affari da 1200 milioni e un rosso di 330.
La bolla del calciomercato è in crescita esponenziale. La cifra investita dai nostri club si è straordinariamente moltiplicata negli ultimi anni.
Fino a un’estate fa, lo sfondamento della quota di un miliardo, fino ad allora raggiunta solo dalla ricchissima Premier League, sembrava inarrivabile. Oggi, invece, le distanze di spesa fra la serie A e il primo campionato al mondo si sono ridotte.
La domanda è: il nostro calcio, indebitato secondo l’ultimo Report della Figc per 3,9 miliardi di euro, può davvero sostenere tali investimenti?
Due sono le cose certe, scrive Passerin. Innanzitutto che con le plusvalenze non si va molto lontano e poi che in Italia si continua a investire sui giocatori e non sulle strutture.
“Soldi per comprare un centravanti si trovano sempre, per finanziare stadi nuovi mai. Quest’anno, alla 1ª giornata, 4 squadre di A non avevano lo stadio pronto. Un’eterna emergenza che pochissimi affrontano con progetti a lungo termine”.
L’altra domanda è ancora più inquietante:
“quanto di questo miliardo uscito dalla tasche delle società giova al livello tecnico del campionato e quanto alle tasche dei procuratori?”