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Montalbano ed il sogno di Recalcati

Livia aveva costretto Montalbano ad una lezione di Recalcati e la notte nel sonno gli si ripresentò per parlare

Montalbano ed il sogno di Recalcati

Livia aviva pritiso che iddo la cumpagnasse. C’eri a Vigata per una lictio maistralis lo psiconalista milanisi Recalcata che a Salvu Muntilbano stiva supera i cabasisa, ma si sapi, quanno una fimmina s’incista tu divi sulo diri sissi.

Muntilbano: “Ma chi veni a fari Recalcona?”.

Livia: “Ma perché lo chiami così: si chiama Recalcati”.

M: “Ed io Recalcona lo chiammi”.

L (infastidita): “Salvo, viene a fare una lectio magistralis da titolo “L’amore nei tempi liquidi”.

M: “Ah, bine: ma chista non sugno chiù tempora tantu liquida”.

L: “E’ anche un bell’uomo non trovi?”.

M (addoppo na scarica de biastimme mintala): “Ma chi ci truva in chilla mbrellian de sita?”.

L: “Ha il suo fascino, Salvo; non fare il geloso”.

La loga tirminò là pirché Muntilbano aviva il duno di sapirisi firmare a timpo.

Nella villa del paisi – su una tirazza sul mari – c’irano centinara di pirsone assiepati che aspittavano il virbo giusto: la plurima partia era furmata da fimmine prufussuresse e prufissionista quarantine-cinquantine in attisa del verba isuta.

Furino du orate in cui Muntilbano biastimmò – mintalmenta; nota del ridatturi – varia ed in cui le signura vigatisi si struggirana varia.

Dopo la cina da Enzu a mari che rimise il piacca di Muntilbano in equlibria turnarono a casa e doppo un raunde sessuala Muntilbano prise sunna.

Muntilbano: “Salve Muntilbano sugno: le vuliva acchidere na res”.

Recalcona: “Prego, ne ha facoltà: la domanda non troppo lunga perché ci sono tante sensibilità da soddisfare”.

M: “Che voli diciri l’esprissiona da lia uti, “ingombra del pina”?”-

R: “L’ingombro del pene è la caratteristica tipica del maschio che tende nella tenzone vitale a battagliare nei campi in cui esercita il proprio potere per il predominio. Come dice il poeta”.

M: “Quali poeti?”.

R: “Commissario, ma lei non conosce il Belli?”.

M: “Ma lia commo sapi il nomina mia?”.

R: “Ma, forse ci siamo conosciuti in Galleria a Milano?”.

M: “Non ci vinni mai: allura a dimanda rispunna, ‘commo mi conoscia?’ “.

R: “Ah, ora ricordo: mi parlò di lei la cara Livia Burlando che venne in studio da me per una consulenza sulla vostra particulare storia d’amore a scavalco”.

M: “Particulare? Scavalca? Mi chiariscia subita chista tirmina”.

R: “Suvvia, dottore, non nasconda la testa sotto la sabbia della sua amata Sicilia, il rapporto tra lei e la sua donna fa acqua da tutte le parti”.

M (mantinindo a stinto la calmi): “Ma lia circa querilla: ma poi pirché il mio rapporta fusse acquatica?”.

R: “Ma una storia d’amore vissuta a centinaia di chilometri di distanza e con mordi e fuggi per vedervi una tantum le sembra ordinaria?”.

M (simpre chiù infuscata): “Ma mi scusasse dutturi Recalcona ma lia havi mujera?”.

R: “Ma perché mi chiede di mia moglie?”.

M: “Mi scusasse non si dicia che la mujera di Cisari havi da esseri al di supera di omia suspecta?”.

R: “Sissi, e allura?”.

M (m’eri parsa che Recalcona ,mi arrisposi in siciliana, ma macari fallai): “Allura pirchì non mi parli del su rapporta: per iudicari l’altera viti murosa uni devi anche essere n’exempla”.

R (ricompostosi in glossa italiana): “Ma commissario, cosa vuole che le dica, con Elena ci siamo conosciuti da ragazzi e dopo sposati – sono vent’anni; nota nostalgica di Recalcati – siamo venuti in viaggio di nozze a Positano e da allora lei mi segue nella mia attività professionale con una presenza discreta e graziosa”.

M: “Quinni su mujera nun travaglia?”.

R: “Nonsi dutturi”

M (strammato dal facta che Recalcona avisse rispusta in siciliana): “E dal punto di vista sessuala commo vanni le res?”.

R: “Ma come si permette di chiedere queste cose?”.

M: “Ma comma; lia li chieda alli altera ed in non possa dimandarlo a lia?”.

R: “Ma io sono il terapista e come diceva Lacan devo essere l’angelo azzurro nel rapporto a tre”.

M: “Io a tri non faci nihilo: ma issindo laicu accitto qualsiasi bitudina altira”.

R: “Ma cosa ha capito: io citavo Lacan”.

M: “Ma io sto Lacanna non lo sapi e non voli sapirla: è ragiunatu?”.

R: “Sissi, commissariu”.

M: “E la smitta con chista sicilianu nventatu: nuia nun parlammu cussia”.

R: “ ,,,, “.

M: “Bine, quinni lia ha spusata una mujera che le faci da sigritaria?”.

R: “Ma quali sigritaria: Elena ha titoli che potrebbe utilizzare per fare una carriera brillante nel suo campo ma ha scelti di seguire me ed i nostri figli”.

M: “Ben, quinni si è limitata per lia. Io nveci alla mia cumpagna non acchiesi mai ninta di simila. Pirchì omnes hanno iura di secutare lura cumpetentia”.

R: “Ma come parla: io la seguo con difficoltà… “.

M: “E dimmani a Lacanna e vidi cusa le dicia”.

R: “Ma insumma lia stia saggeranda”.

M: “E non scimiotta il siciliana che non lo sapi parlari: parla il milanesi, almino sintiamo qualichi cosa diversa”.

R: “ … “.

M: “Insumma lia toura per l’Itaglia dicinno a omnes commo si divono cumpurtare nella viti, con la lura mujera er citira e poi non voli fari sapiri le res sua. Ma lia è democristianu!”.

R: “ … “.

Recalcona era complitamenta annihilita ed alla mercia de Muntilbano. Salvu era prunto a mullari il carrico da unnici sul viro significato dell’ingombra del pine ma si arrisbigliò tutto assamarrata con Livia che alluccava come na iallina infelicia,

L: “Salvo, mi saembravi un toro infuriato”.

M: “E sarà l’ingombra del pini”.

L: “Ma cosa dici: a volte mi fai paura”.

M: “Pigliami na ppuntamenta con Recalcona che gli dimandiamo cosa ne pinsa della quistiona Lacanna”.

 

 

 

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